Melusine da un altro mondo

Al Bockenheimer Depot l’Oper Frankfurt riporta in scena Melusine, opera giovanile di Aribert Reimann

Melusine (foto Barbara Aumüller)
Melusine (foto Barbara Aumüller)
Recensione
classica
Frankfurt am Main, Oper Frankfurt
Melusine
06 Giugno 2025 - 25 Giugno 2025

Da molti anni l’Oper Frankfurt segue con grande attenzione la produzione operistica di Aribert Reimann. Dopo Lear, Medeaco-commissionata con la Staatsoper di Vienna, Gespenstersonate, in questa stagione sono stati ben due i titoli del compositore recentemente scomparso. A poche settimane da L’invisible, in chiusura di stagione al Bockenheimer Depot torna in scena Melusine, uno dei suoi primi lavori, presentato in prima assoluta nel 1971 al Festival di Schwetzingen, dunque due anni prima del suo indiscusso capolavoro Lear.

Protagonista è la ninfa fluviale Melusine, personaggio della tradizione popolare del centro Europa (le si attribuisce la fondazione della città di Lussemburgo), ma ripresa dal librettista Claus H. Henneberg nella versione teatrale del 1922 del poeta e drammaturgo Yvan Goll, che proietta il mito nel presente. Qui Melusine è sposata con l’agente immobiliare Max Oleander, come la pianta notoriamente velenosa, ex amante della madre Madame Lapérouse. Melusine però dedica molte più attenzioni al parco antistante e alle invisibili creature che lo popolano che al marito. Da un agrimensore, Melusine apprende che presto nel parco verrà costruito un castello per il conte di Lusignan. Melusine è disperata per l’imminente distruzione degli alberi del parco e soprattutto per il salice abitato dalla vecchia fata Pithya, sorta di madre per lei. Pithya la rimprovera per aver sposato un umano minacciando la sua purezza e le dona una coda di pesce che, come una sirena, le darà il potere di sedurre gli uomini mantenendosi inviolata. Pithya, tuttavia, profetizza un futuro fosco per Melusine e il parco. Fallito il tentativo di Melusine di incitare allo sciopero gli operai incaricati di abbattere gli alberi e costruire la dimora aristocratica, il castello viene completato e inaugurato con un ricevimento al quale partecipano anche Melusine con il marito Oleander. Vedendola, il conte si innamora perdutamente di Melusine, ricambiato. Davanti al cedimento della sua creatura che sarà fatale per le creature del parco, Pythia decide di appiccare il fuoco agli alberi attorno al castello. Per salvare il conte, Melusine si getta fra le fiamme sacrificando la propria vita per salvare quella dell’unico umano che abbia mai amato.

Melusine (foto Barbara Aumüller)
Melusine (foto Barbara Aumüller)

Al di là della materia favolistica e degli aggiornamenti d’epoca, sono parecchi gli spunti che la vicenda potrebbe offrire alla sensibilità contemporanea, dal tema ecologista al capitalismo aggressivo impersonato dalle maestranze del conte (mentre questi mantiene una certa spirituale purezza) del tutto insensibili alla devastazione ambientale per fame di profitto. Spunti che curiosamente vengono colti solo marginalmente nell’allestimento firmato dalla regista Aileen Schneider che sembra invece attenta alla dimensione favolistica se non fumettistica, come sembrerebbero suggerire soprattutto gli stravaganti e sovraccarichi costumi ispirati al fantasy quando non ai manga di Lorena Díaz Stephens. Più pulita, invece, la scena circolare tutta bianca disegnata da Christoph Fischer con due elementi allegorici al centro – un albero per il parco nella prima parte e un cancello che racchiude una piccola scala e doppia elica per il castello nella seconda – e quello che forse è il motore di un missile che incombe dall’alto. Melusine da un altro mondo? Forse, ma l’idea finisce per indebolire quella contrapposizione fra natura e civiltà che è alla base del lavoro di Reimann e Henneberg, prestandosi a effetti grotteschi quando non comici piuttosto fuori luogo.

Melusine (foto Barbara Aumüller)
Melusine (foto Barbara Aumüller)

Più rigorosa l’esecuzione musicale affidata alla direzione di Karsten Januschke, che guida con precisione e grande sensibilità coloristica la Frankfurter Opern- und Museumsorchester in formato cameristico attraverso il composito linguaggio neo-espressionista e i contrasti dinamici di questo giovane Reimann, dalla delicatezza evanescente del preludio nel bosco alle esplosioni sonore del finale incendiario. Molto impegnativa è soprattutto la scrittura vocale, in particolare per la protagonista Melusine, che trova un’ottima interprete in Anna Nekhames, sicura nei siderali melismi e colorature, intonati alla sua natura transumana, ma capace di trovare accenti più drammatici del duettone dai riflessi wagneriani con il conte, Liviu Holender, interprete sensibile e vocalmente intonato al carattere elegiaco del personaggio. Zanda Švēde mette bene in risalto il lato tenebroso della madre-fata Pythia grazie al tenebroso timbro vocale e alla magnetica presenza scenica. Meno incisivi il sovraeccitato Oleander di Jaeil Kim e l’algida Madame Lapérouse di Cecelia Hall. Efficaci tutti gli altri numerosi interpreti, molti poco più che cammei, fra i quali si distinguono il corposo geometra di Dietrich Volle e il buffonesco orco di Andrew King.

Qualche vuoto in sala alla seconda recita ma accoglienza festosa.

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