Martha & Yuri

San Carlo di Napoli: trionfo per Argerich e Temirkanov

Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
02 Febbraio 2017
La pianista argentina Martha Argerich, più di settanta primavere, è ritornata a suonare al San Carlo di fronte ad un pubblico entusiasta. Argerich è apparsa ferrea ed efficace nella lettura del Concerto N. 3 in Do maggiore per pianoforte e orchestra op. 26 di S. Prokofiev. Non alla ricerca di un' essenza che stupisce, un modo per essere superiori dopo un lunga carriera come la sua. Non lei. Ma con passione e interpretazione come sempre sanguigna ha catturato il pubblico napoletano. Aprono il concerto tre brani dalla Suite n. 1 e 2 del balletto "Spartacus" di Aram Katchaturian, "Adagio di Spartaco e Frigia", "Danza delle Gaditanee" e "Vittoria di Spartacus". Colora di suono la sala l'adagio, incuriosiscono e divertono i controtempi tra fiati ed archi nella danza. Ma sale l'attesa per lei. La facilità nel discorso musicale è ovunque nell'intesa con l'orchestra e, con tutto il rispetto per un gigante come Yuri Temirkanov, Argerich sembrava già da sola in completa simbiosi con l'orchestra. Sguardi e attacchi impeccabili. Il pianoforte sembrava indirizzato a suonare verso la platea, diretto e travolgente. La mano destra forte e tenace nei disegni ossessivi, la sinistra invece con potenza di suono e a volte raffinato intimismo. Ne risultava un Prokofiev che si trasforma in una discorsività libera e mutevole, quasi leggerissimo e sempre imprevedibile, ora profondo, dal timbro impressionante, ora tetro e visionario, segnato dalla zampata di pantera, dal tocco inconfondibile di una delle più grandi pianiste di tutti i tempi. Già dal Tema con variazioni, ritmico, con scale continue, alla prima occasione in contrasti di morbidezza, è tutto suonato decisamente lirico con balzi sempre più acuti. Per Martha Argerich alla fine è tripudio di applausi, che si estendono alla direzione di Temirkanov, come sempre con gesto di alta scuola, con la sua orchestra, la Filarmonica di San Pietroburgo - legni ed ottoni a gran voce, compatti di timbro e con identità impressionante. Ma è il bis della sonata K141 di Scarlatti, suo cavallo di battaglia, in cui ogni nota è incisa nel cristallo. Il ribattuto nel tema te lo porti dentro come un ricordo indelebile, impercettibile nella scorrevolezza, prima tagliente poi soave nel rallentato, quasi come scomparisse, che vale tutto il concerto. Nel secondo tempo, con ancora il ricordo dei rubati di Argerich, è Temirkanov che giganteggia con la sua orchestra concertando con ricca espansione: si svincola radicalmente da tutto il sentimentalismo che vorrebbe la musica russa suonata bene dai Russi, quella italiana dagli Italiani, ecc., ma con qualche rischio, pur cogliendo uno Shostakovich (sinfonia N. 5) più indicibile e profondo. All'attacco è un piacere l'equilibrio timbrico sul filo del rasoio. Tanta qualità, i contrasti sonori non potrebbero essere meglio tratteggiati, con squarci di luce splendidi. Un trionfo.

Interpreti: Martha Argerich, pianoforte

Orchestra: Filarmonica di San Pietroburgo

Direttore: Yuri Temirkanov

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