Maestrìa di Barbablù
Recensione
classica
Ovviamente, non c'entra nulla. Bartok avrà pure visitato i paesi baschi in uno dei suoi tanti viaggi in giro per il mondo, nella veste di etnologo e musicista curioso, ma i legami con la sua unica opera sono tutti da dimostrare. Eppure la tentazione di pubblicare nel programma di sala, distribuito gratuitamente a tutti, la foto ricordo del compositore ungherese in visita è troppo forte. Operazione probabilmente innocua per il pubblico locale, ma che rischia di urtare gli spettatori di passaggio. Ma è sufficiente che la musica cominci per non pensare più ad altro. Difficile, d'altra parte, non lasciarsi sedurre da uno dei più indiscussi capolavori del Novecento affidati alla maestria di due interpreti memorabili. Domina, in particolare, la scena il celebre basso Laszlo Polgar: sa essere suadente, temibile, duttile come i tanti volti del suo personaggio con cui sembra in perfetta simbiosi. Incredibilmente Polgar somatizza il dramma di Barbablù, facendone sue tutte le sfaccettature, nel viso e nella voce. Estremamente convincente per la bellezza del timbro è stato pure il contralto Ildiko Komlossi che però in alcuni punti si è lasciato sopraffare dai fiati, mancando di volume. Sotto la bacchetta del rumeno Cristian Mandeal, l'orchestra ha sfoderato una grinta degna dei migliori organici. Se il settore degli archi è apparso un po' opaco, legni e ottoni si sono invece imposti per precisione e raffinatezza del timbro. (Il merito forse va alla massiccia presenza di strumentisti francesi eredi della solida scuola gallica dei fiati.) Uno spettacolo di grande emozione.
Interpreti: Ildiko Komlossi (Judith), Laszlo Polgar (Barbablù)
Orchestra: Orquesta Sinfónica de Euskadi
Direttore: Cristian Mandeal
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