Ma Le Nozze di Figaro non sono una farsa!
La regia di Wake-Walker alla Scala trasforma Mozart in avanspettacolo
Recensione
classica
La poltrona nella camera di Susanna è quella dell'edizione Strehler-Frigerio, ma va in pezzi appena Figaro ci si siede sopra. Il segno del regista Frederic Wake-Walker è chiaro, vuol voltar pagina. Così la cifra della sua messa in scena diventa quella del teatro nel teatro, dall'ouverture occupata da un rumoroso spostare di pannelli e fondali, all'intromissione di un gruppo di serve di scena con nere parrucche verticali che sgambettano su tacchi a spillo, marciano al ritmo del "Non più andrai farfallone amoroso", gettono in aria scartoffie quando Marcellina pretende di far valere i propri diritti su Figaro. Una di loro insiste con un marchingegno che fa il rumore di una serratura quando è previsto che una porta venga chiusa a chiave. In quinta ogni tanto fa capolino don Basilio, vestito come un nero insetto senza connotati ecclesiastici, o il Conte mentre beve un caffè e lo rifiuta a Barbarina in attesa di entrare in scena. C'è pure un anziano suggeritore seduto in proscenio, pronto a imbeccare il Conte quando dimentica la battuta di un recitativo; al termine del secondo atto si trasforma addirittura in un scimmia ballerina strappando gli applausi in sala. Tutte queste appendici fuori libretto finiscono per sedurre e distrarre lo spettatore dall'azione vera e propria, ahimè troppo spesso appesantita da gag più d'avanspettacolo che da commedia dell'arte. Talvolta anche di dubbio gusto. Cherubino che fa l'onanista mettendosi le mani sul pube nel cantare "Parlo d'amor con me" o Susanna che nel terzo atto, nei panni della Contessa, sembra fare un "servizietto" orale a Figaro.
La direzione di Franz Welser-Möst è risultata un perfetto metronomo, con pochi estri e non un attimo di poesia, pur con un ferreo controllo dell'organico e dei cantanti. Markus Werba (Figaro) non ha grande volume di voce e ha dovuto spesso atteggiarsi a un Arlecchino, Golda Schultz (Susanna) è di bella presenza scenica ma scarsa in dizione (senza consonanti le sue parole sono indecifrabili), Diana Damrau (Contessa) è vocalmente corretta senza però mai entrare nel suo complicato personaggio, Marianne Crebassa (un Cherubino incomprensibile) è gradevolmente disinvolta, ma è soltanto un adolescente intronato. Il più equilibrato delle parti principali è risultato Carlos Álvarez (Conte), per chiarezza di voce e modi. Tranne quest'ultimo, tutti gli interpreti hanno sofferto di una gestualità tipica di chi si rivolge a un pubblico che non conosce l'italiano, sottolineando con un inutile sbracciarsi termini che in sala risultano ovvii.
In conclusione la lettura di Wake-Walker ha finito per ridurre a una farsa da quattro soldi uno dei gioielli dell'opera lirica e un testo teatrale raffinatissimo, svilendone i turbamenti, la malinconia, i misteri. Il fatto più preoccupante resta però la calorosa accoglienza del pubblico scaligero (nel nostro caso il turno E, quasi un fuori abbonamento) perché potrebbe indurre la sovrintendenza del teatro a chiudere un occhio, forse anche due, ad accondiscendere a spettacoli "pour épater" e in futuro promuoverli solo per far cassa.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Per la prima volta quest’opera di Händel è stata eseguita a Roma, in forma di concerto
classica
A Ravenna l’originale binomio Monteverdi-Purcell di Dantone e Pizzi incontra l’eclettico Seicento di Orliński e Il Pomo d’Oro