L’Otello delle star
Regia sbiadita e grandioso Jago-Hvorostovsky a Vienna
Recensione
classica
Anja Harteros, Dmitri Hvorostovsky e José Cura sono tra i beniamini del pubblico viennese: con un cast del genere il successo è più che assicurato. Certo l’allestimento di Christine Mielitz non è più freschissimo. Gìà nel 2006 era stato accolto con perplessità, e ora, a sette anni dalla prima (e alla sua trentatreesima recita), il setting postindustriale minimalista di questa produzione, dotato di una sorta di cubo-ring al centro della scena, convince ancora meno. In questo scenario stilizzato sarebbe stata necessaria una condotta dei personaggi meticolosa e determinata, ma questo nelle recite di repertorio così lontane dalla prima non succede quasi mai. Ed è un peccato, perché il cast a disposizione si sarebbe ben prestato. Il problema principale di questa produzione, però, non è tanto l’assetto registico sbiadito. Il problema di questo Otello è proprio Otello. Perché Cura, anche se è un interprete così esperto nella rappresentazione di questo personaggio, bisogna dirlo, da un punto di vista vocale non è più all’altezza della parte. La sua voce non domina sull’orchestra e non raggiunge la platea e le sue frequenti imprecisioni hanno dato non poche difficoltà all’orchestra, che Ettinger ha cercato di condurre con chiarezza e senza eccessivo impeto. Hvorostovsky al suo debutto nella parte di Jago è grandioso. Dà al personaggio complessità e nuove tinte e al momento non mi verrebbero in mente altri interpreti per coprire meglio di così questo ruolo. E lo stesso affermerei per la Desdemona di Harteros. Le sue due arie del quarto atto varrebbero da sole il viaggio a Vienna.
Interpreti: Josè Cura, Dmitri Hvorostovsky, Anja Harteros, Marian Talaba, Jinxu Xiahou, Alexandru Moisuc, Mihail Dogotari, Hacik Bayvertian, Monika Bohinec
Regia: Christine Mielitz
Scene: Christian Floeren
Orchestra: Orchester der Wiener Staatsoper
Direttore: Dan Ettinger
Coro: Chor der Wiener Staatsoper
Maestro Coro: Thomas Lang
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