"L'opera seria" non convince

Alla Scala Gassmann diretto da Rousset

L’opera seria (Foto Brescia e Amisano)
L’opera seria (Foto Brescia e Amisano)
Recensione
classica
Teatro alla Scala, Milano
L’opera seria
29 Marzo 2025 - 09 Aprile 2025

In coproduzione con MusikTheater an der Wien, arriva alla Scala una rara opera di Florian Leopold Gassmann. Andata in scena a Vienna nel 1769, L’opera seria si avvale del libretto di Ranieri Calzabigi, complice di uno sberleffo al teatro lirico settecentesco e all'irrequieto mondo dei cantanti. Gli studiosi lo definiscono l’anello mancante fra Gluck e Mozart, ma la posizione non basta a conferire una patente di nobiltà, perché la musica pur gradevole non offre grandi sorprese e la drammaturgia è quasi inesistente. I battibecchi fra le prime donne, fra il compositore e il librettista sono ripetitivi e non bastano le poche battute spumeggianti a reggere l'azione. Fatto salvo il buffo qui pro quo fra Scilla e Sicilia e qualche insulto fra le cantanti o fra il librettista e il compositore, ben poco resta.

A raccogliere la sfida di ricreare una verve perduta è il direttore Christophe Rousset coi suoi Talens Liriques, ai quali si è aggiunto un gruppo di orchestrali scaligeri con strumenti storici, che ne hanno dato un'ammirevole lettura filologica. Da parte sua il regista Laurent Pelly, che firma anche i costumi  (le scene sono di Massimo Troncaretti), ha costruito uno spettacolo di estrema, ma asettica eleganza. E in accordo col podio ha portato una modifica all'ultimo atto, quando l'opera che non c'è va a rotoli e l'impresario scappa con la cassa (fa testo il saggio di John Rosselli, L'impresario d'opera). L’Oranzebe, ambientata in Indostan, alla Scala viene interrotta per il crollo delle scene, non dal pubblico inferocito che invade il palco, come previsto dal libretto. Tant'è che nel finale la troupe progetta di andare in cerca di spettatori di bocca buona. Questa variante, pur rispettosa del gioco dell'opera nell'opera, lascia in ombra la polemica voluta da Gassmann e Calzabigi, forse a favore della riforma gluckiana, perché i fischi del pubblico sul palco potrebbero riguardare anche le arie che i cantanti hanno provato nel secondo atto. In realtà i migliori momenti della partitura, che l'edizione scaligera suggerisce invece di prendere tutte sul serio.

Detto questo, il cast è di ottima levatura, con voci smaglianti e di grande maestria scenica. Julie Fuchs è una Stonatrilla assolutamente disinvolta nella parte della diva, al suo fianco la rivale Porporina, una spiritosa Serena Gamberoni, e la tormentata Smorfiosa di Andrea Carroll. Mentre l'impresario Fallito (Pietro Spagnoli), il poeta Delirio (Mattia Olivieri), il maestro di Cappella Sospiro (Giovanni Sala), hanno parti impegnative superate con autorevolezza.

Al termine della serata, applausi per tutti. Ma con parecchi palchi vuoti e file vuote in platea dopo il secondo atto, segno che qualche taglio in più sarebbe stato preferibile perché lo spettacolo, intervalli compresi, dura tre ore e mezza.

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