L'opera è sogno
Un esperimentto con la lirica per le due voci rock di Sting e Elvis Costello
Recensione
classica
La principale attrattiva di questo gioco dell’opera nell’opera, andato in scena in prima mondiale il 20 novembre allo Châtelet, è che protagonisti sono Sting (nel panni di Dionysos wanderer rock) e Elvis Costello che impersona un trucido commissario, vestito da sbirro zarista, con perfidi occhialini neri, odiatore della lirica e dell’amore. Fra i due s’inserisce l’amico di Dioniso (Joe Summer, il figlio di Sting), che rimprovera di continuo il compagno di lavoro, traditore delle sue origini per ragioni estetiche.
L’intreccio non è meno strampalato di tante opere, qui è al servizio di uno strano incontro fra i due cantanti rock, che non rinunciano alla loro identità vocale, e quattro soprani che rispettano gli stilemi del musical. Tutti amplificati. L’accostamento funziona a meraviglia e riesce gradevolissimo, anche scenicamente. L’elegante regia, firmata dalla stessa librettista, Muriel Teodori, fa un uso misurato di proiezioni e teli agitati dal vento, e di bellissimi costumi per le quattro vamp della lirica. Se mai c’è un motivo di delusione è che ci si aspettava più durezza sonora da parte di Sting e Costello, troppo ammansiti da una partitura che mira più alla piacevolezza melodica che alle asprezze rock. Anche gli a solo del saxofono e della tromba non si discostano mai da caute sonorità jazz. Mentre non trapelano citazioni né deformazioni delle opere di provenienza delle tre sacerdotesse, se non un fuggevole “ramparts de Seville”. Ma solo le parole. Il tutto comunque si snoda con naturalezza, senza mai la sensazione di un collage forzato fra i pezzi chiusi. La presente nota è stata redatta dopo la prova generale del 16 novembre.
Interpreti: Sting, Elvis Costello, Joe Summer
Regia: Muriel Teodori
Direttore: Wolfgang Doerner
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