A Liegi affascina La donna del lago
Salome Jicia è di nuovo Elena nell’allestimento di Damiano Micheletto dell'opera di Rossini, a Liegi sino al 15 maggio
Coproduzione tra l’Opéra Royal de Wallonie-Liège e il Rossini Opera Festival di Pesaro, dove è andata in scena nel 2016, La donna del lago firmata da Damiano Michieletto è arrivata in Belgio con il suo carico di sfide vocali assunte nel ruolo titolo dalla stessa Salome Jicia che già aveva saputo superare le difficoltà con successo in Italia, sul podio lo stesso maestro Michele Mariotti, ma per il resto un cast rinnovato che non ha affatto sfigurato rispetto agli interpreti del primo allestimento.
Voci in primo piano quindi per una messa in scena che forse non è tra le più riuscite di Michieletto, molto curata come sempre e con tante idee, ma un po’ appesantita dalla pressoché continua presenza in scena di Elena e Malcom anziani che sottolineano in modo quasi ossessivo la dimensione del dubbio e del rimpianto per le scelte effettuate che in Rossini è invece solo evocata e in sottofondo.
Se Salome Jicia, dopo un avvio in cui mostra di più lo sforzo per le virtuosità della parte, recupera e riesce a essere una Elena convincente nelle sfumature interpretative di una donna che tiene fede apparentemente senza vacillare al suo amore per Malcom ma che non puo’ fare a meno allo stesso tempo di essere turbata per l’amore che gli rivela il re.
Il giovane Malcom è una Marianna Pizzolato che al contrario va dritta al cuore e che riesce a imporsi ed impossessarsi nella parte malgrado il disorientamento creato dal fatto che il suo doppio anziano abbia una figura molto diversa dalla sua e sembri un’altro personaggio. La Pizzolato ha piglio, sa essere dolce quanto d’impeto, sempre sicura nell’esecuzione.
Nella parte del re Giacomo V-Uberto ed in quella del promesso sposo rifiutato Rodrigo due russi dalla dizione italiana perfetta e talento vocale e scenico indiscutibili, rispettivamente Maxim Mironov e Sergey Romanovsky. Il primo è elegante naturalmente nel portamento quanto nel canto, sempre nobilmente misurato anche di fronte al suo amore impossibile; il secondo, pure bel timbro, svetta nelle note alte in tal modo mostrando il suo più acuto travaglio senza speranza. E buona la prova anche di Simon Orfila nella parte di Douglas padre. Meno convincenti invece questa volta il Coro, soprattutto nel primo tempo quando non si sente bene, e l’Orchestra dell’Opera di Liegi che la bacchetta di Mariotti non riesce a condurre a un’esecuzione omogena e fluida.
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