L’arioso Bach di Dame Jane Glover

I Brandeburghesi con l’Orchestra del Maggio

Jane Glover
Jane Glover
Recensione
classica
Firenze Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
I Brandeburghesi con l’Orchestra del Maggio
21 Marzo 2025

Jane Glover, direttrice d’orchestra inglese di lunga e solida carriera internazionale e Dame Commander dell’Ordine dell’Impero Britannico dal 2021, era questo venerdì sul podio dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, a ranghi ridotti dato il programma proposto, i sei Concerti Brandeburghesi di Johann Sebastian Bach. Il che, se vogliamo, riproponeva la questione annosa se  sia meglio un Bach affidato agli esecutori  specializzati nel Barocco, quelli della “prassi storicamente informata” o come vogliamo chiamarla, oppure se sia giusto pensare che le orchestre  sinfoniche, comprese quelle di più alto profilo in Italia come l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, debbano avere anche Bach e in genere il Barocco nel loro repertorio.

Si trattava comunque di una sorta di innesto fra l’orchestra del Maggio e alcuni ottimi elementi ospiti, per strumenti che nell’orchestra sinfonica non ci sono, come i flauti diritti (Maria De Martini, Nina Taddei) nel Quarto Brandeburghese e le viole da gamba (Silvia De Maria, Felice Zaccheo) nel Sesto, nonché il clavicembalista Cristiano Gaudio per il Quinto con la sua grande e fiorita cadenza cembalistica, mentre in altri casi sono stati gli stessi elementi del Maggio a misurarsi con uno strumento da specialisti, come, sempre nel Quinto,  Mattia Petrilli, primo flauto del Maggio, alle prese con il traversiere. E sicuramente il pubblico, che ha dimostrato un consenso molto vivo a queste esecuzioni, concerto dopo concerto e negli applausi finali,  ha apprezzato la nobiltà e delicatezza di fraseggio bachiano evidenziate da storiche prime parti dell’orchestra come il primo oboe Marco Salvadori nei concerti  Primo e Secondo. E tutto questo nonostante condizioni d’ascolto non particolarmente favorevoli dovute alla collocazione del concerto nella sala grande e non nella più contenuta sala Mehta da mille posti, per non dire della scelta di un clavicembalo dal volume davvero troppo ridotto per la sala grande.

Se spesso nel corso delle esecuzioni ci è mancata la nitidezza di contorni e il vigore ritmico del Bach degli specialisti, condividiamo in questo caso il giudizio favorevole del pubblico in sala, perché la direzione della Glover, pur come smussata nei contorni e complessivamente ispirata ad un’idea di grazia diremmo più mozartiana che bachiana, ha comunque molto da dare per la sua plasticità e per un’accattivante e coinvolgente comunicativa, e un certo spirito danzante che ha avuto la sua manifestazione migliore nei momenti più “francesizzanti” dei Brandeburghesi, come nella deliziosa sequenza dell’ultimo movimento del Primo Brandeburghese all’insegna del Menuetto e dei suoi più tipici caratteri. Successo, lo ripetiamo, prolungato e più che cordiale.

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