"La Cenerentola" o il trionfo della perfezione

Va in scena al Théâtre des Champs Elysées "La Cenerentola" rossiniana. Un successo accolto calorosamente dal pubblico. Irina Brook approfitta dell'estetica dell'opera buffa per giocare sulle citazioni e gli ammiccamenti. Un cast travolgente conquista il pubblico. Evelino Pidò guida a meraviglia il virtuoso Concerto Köln spingendolo a tempi assai rapidi.

Recensione
classica
Théâtre des Champs Elysées Parigi
Gioachino Rossini
20 Maggio 2003
Sul finire della stagione, in una Parigi presa d'assedio dagli scioperi, ecco che spunta, come d'incanto, lo spettacolo più bello dell'anno. E chi lo avrebbe pronosticato? Certo, erano molti gli elementi che facevano pensare che "La Cenerentola" proposta dal Théâtre des Champs Elysées avrebbe funzionato senza troppe difficoltà. Ma la riuscita supera tutte le più rosee previsioni, finendo per offrire al pubblico una macchina semplicemente perfetta: tutto funziona. L'effetto è quella di una "semplicità" sapientemente preparata e calibrata, che conquista sin dai primi minuti. Fin dal momento in cui si prende posto a teatro, la scena svela un fantomatico "Bar Magnifico": una vistosa insegna in neon rosso, con un paio di lettere fuori uso, tanto per indicare la decadenza del luogo. Si è da qualche parte a New York, forse la "Little Italy", comunque, non c'è dubbio che c'è una "italianità" ben esibita: foto di cantanti mischiate a quelle di squadre di calcio, la televisione sempre accesa con una partita in corso, arredamento tristemente efficace con finto legno plastificato alle pareti da bar dello sport di una qualsiasi provincia italiana. Volgarità ribadita con fierezza dai comportamenti e dagli abiti dei personaggi: Don Magnifico, in versione casual, indossa la maglia della Juventus, ma quando si deve fare bello per la festa dal principe si infila in un completo sgargiante preso in prestito a certi cantanti di liscio che fanno furore in agosto nelle piazze di paese. Tutto è eccessivo, e in fondo affatto originale. Vedendo la regia di Irina Brook con i costumi di Sylvie Martin-Hyszka e le scene di Noëlle Ginefri ci si può divertire a rintracciare le citazioni evidenti da spettacoli già visti. Eppure funziona a meraviglia. Irina Brook ha capito lo spirito dell'opera italiana di cui controlla i codici. E, a momento opportuno, mostra pure ironia nei confronti del mondo a cui la regista appartiene: il palazzo di Don Ramiro non è niente altro che un magnifico appartamento new-yorkese in cui un'aspirapolvere fa la funzione di oggetto d'arte. La sola perplessità dello spettacolo concepito dalla Brook nasce dalla presenza a volte ingombrante dei gesti: la musica di Rossini può anche essere lasciata da sola per qualche momento. Il cast si segnala per una lussuosa ricchezza di eccellenti cantanti. Vi sono solo "primi ruoli". Per altro, l'attenzione della regia sulla recitazione fa sì che ogni personaggio acquista una sua importanza non solo (e non tanto) in funzione del canto, ma anche per la semplice presenza fisica (mai passiva, ovviamente). Ecco allora che la parte, francamente secondaria, di Alidoro diventa essenziale, permettendo così di scoprire un attore eccellente in Ildebrando D'Arcangelo. Pietro Spagnoli pure conferma le sue doti non comuni di recitazione: grazie ad un controllo di ogni gesto, sa sdoppiarsi in due personaggi, il Dandini caricatura di un principe assai poco credibile e poi il servo astuto, sempre pronto. Da un punto di vista vocale, Spagnoli pare acquistare sempre di più pienezza nei gravi, confermando le eccellenze abituali di timbro e volume. La star della serata è ovviamente Vivica Genaux. Reduce da un "Rinaldo" in scena assai deludente, il mezzosoprano, lanciato dal disco dedicato astutamente a Farinelli, è una Cenerentola tecnicamente solidissima (basterebbe il rondò finale a provarlo) e stilisticamente sempre adeguata alla parte. Se in passato si poteva nutrire qualche dubbio sul suo volume, in questa produzione si integra a meraviglia con gli altri e, soprattutto, con l'eccellente Concerto Köln. Bravissimi tutti gli altri componenti della troupe: ricordiamo almeno Alessandro Corbelli e le due eccelse sorelle, Carla Di Censo e Lidia Palacios. Infine, il tenore americano Paul Austin Kelly svela un timbro bellissimo (un po' ingessato invece come attore). Dalla fossa, Evelino Pidò si conferma un regista sapiente. Sa dosare i volumi, amalgamando alla perfezione gli strumenti "originali" del complesso tedesco con le voci: l'equilibrio finale è sempre magistralmente regolato e il tutto non soffoca mai il particolare. Pidò sceglie tempi rapidi, anzi a volte rapidissimi, approfittando del virtuosismo del Complesso Köln (specie degli archi). Ma i tempi non risultano mai gratuiti: al contrario sembrano legittimati dalla musica. Una dose di scarica elettrica che dai leggii finisce sulla scena. France Musiques ha registrato la serata. Non c'è che da augurarsi che lo spettacolo finisca presto in disco e, soprattutto, in DVD. "La Cenerentola" della coproduzione Théâtre des Champs Elysées/Comunale di Bologna ha segnato il trionfo della perfezione. Un paziente lavoro di équipe che non può essere lasciato negli archivi.

Interpreti: Paul Austin Kelly, Don Ramiro; Pietro Spagnoli, Dandini; Alessandro Corbelli, Don Magnifico; Carla Di Censo, Clorinda; Nidia Palacios, Tisbe; Vivica Genaux, Angelina (detta Cenerentola); Ildebrando D'Arcangelo, Alidoro

Regia: Irina Brook

Scene: Noëlle Ginefri

Costumi: Sylvie Martin-Hyszka

Coreografo: Cécile Bon

Orchestra: Concerto Köln

Direttore: Evelino Pidò

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