Insensata bagarre alla Scala
Ottima edizione della Gazza ladra disturbata da gratuite contestazioni
Recensione
classica
Passi l'imbecillità, non la mala fede. Se poi le due vanno a braccetto, non ci sono scuse per i buu dal loggione al termine dell'ouverture con le marionette dei Colla che riassumevano la trama nel loro teatrino e di seguito la straordinaria artista circense (Francesca Alberti) nelle vesti pennute della gazza, appesa a mezz'aria (per altro invisibile dalla seconda galleria). Né a maggior ragione sono scusabili i buu a fine serata che hanno colpito l'intera opera rossiniana nella sua edizione integrale. E dedicata alla memoria di Alberto Zedda, meritorio ideatore della Rossini renaissance. Detto questo, si può star certi che il fenomeno non si ripeterà alla seconda rappresentazione perché l'imbecillità e la mala fede non avranno più a disposizione la diretta radiofonica per darsi un tono.
Riccardo Chailly e Gabriele Salvatores hanno dato un raro esempio di gioiosa collaborazione che è riuscita a coinvolgere l'intero cast. La direzione d'orchestra ha offerto ritmi incalzanti e tensione continua, facendo affiorare momenti che passano inosservati, come gli echi di Verdi nel rapporto padre figlia, di Cherubini nel maestoso coro del tribunale, addirittura mahleriani nella marcia funebre. Insomma una tavolozza sonora ricchissima che ha sopreso per tutta l'esecuzione. Come è stata una sorpresa la regia, quasi che Salvatores dicesse "signori miei, ora si fa teatro". Così ha organizato una serie di meccanismi stranianti. Come le marionette che interferiscono con la gestualità dei cantanti e rendono plausibili le situazioni imposte dalla retorica del bel canto, duetti, terzetti, quintetti in bella mostra in proscenio. Come la gazza che, oltre ai furti con destrezza spericolata, funge da serva di scena: tende un siparietto per far apparire magicamente il disertore Fernando, muovendo una gran ruota fa scendere l'albero dietro il quale potrà nascondersi, lo strattona per convincerlo ad andare a costituirsi, fa in modo che Pippo scopra dov'è la refurtiva. Senza di lei l'opera non seguirebbe il suo corso. Belle le scene disegnate da Gian Maurizio Fercioni, con a destra un porticato a quattro livelli da dove la gazza ha modo di sbirciare, ma diventano anche le celle del carcere e servono da vetrine per i magistrati. A sinistra un'impalcatura con in cima la grande campana della chiesa e al centro, solo quando serve, un fondalino per le scene in casa di Lucia. Di buon effetto l'apparizione dell'ombra gigante del Podestà, degna del mozartiano Commendatore, e la sua trasformazione in Dracula col mantello nero nel quale chiude Ninetta per possederla. Tantissimi i dettagli significativi, mai però distraenti e gratuiti. E poi il gran finale col velario dove viene proiettata la fulminea sequenza di una gazza che prende il volo nel momento in cui quella in carne e ossa sparisce.
Gli interpreti tutti hanno dato prova di grande disinvoltura in scena e di un'ottima prova canora, prima fra tutti Rosa Feola come Ninetta, sicura ed elegante in ogni passaggio. Di prepotente espressività il Fernando di Alex Esposito, che ha sulle spalle i momenti più drammatici dell'opera, mentre Michele Pertusi ha dato un saggio di grande esperienza come Podestà. Brava Teresa Iervolino nei panni della tormentata Lucia, mentre Serena Malfi ha voce musicalmente elegante ma talvolta un po' flebile.
Al termine, placato il gratuito sbraitare a vuoto contro tutto e tutti, che di conseguenza ha raddoppiato l'intensità degli applausi, il pubblico ha potuto assistere divertito a uno scambio di insulti in loggione fra chi era venuto semplicemente ad ascoltare l'opera e qualche rappresentante dei disturbatori.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
La sua Missa “Vestiva i colli” in prima esecuzione moderna al Roma Festival Barocco
classica
A Ravenna l’originale binomio Monteverdi-Purcell di Dantone e Pizzi incontra l’eclettico Seicento di Orliński e Il Pomo d’Oro