Il virtuosismo di Lisette Oropesa

In recital al San Carlo di Napoli

Oropesa e Praticò (Foto Luciano Romano)
Oropesa e Praticò (Foto Luciano Romano)
Recensione
classica
Teatro San Carlo di Napoli
Recital Oropesa
09 Gennaio 2025

Giovedì 9 gennaio Lisette Oropesa era insieme al pianista calabrese Alessandro Praticò al teatro di San Carlo di Napoli. E ogni esecuzione è un'avventura, piacere puro. Chants Populaires “Chanson Espagnole” e Vocalise Étude en forme de Habanera di Ravel aprono il concerto, in modo sperimentale e per molti versi virtuosistico, quasi una cadenza l’Étude. Con accenti incalzanti da Boléro e tenuti su tempi giusti, nuovi particolari melodici in evidenza da parte di Praticò, in equilibrio tra timbro e esotismo mediterraneo continuano con “Les filles de Cadix” di Délibes, e poi ancora su temi d’amore Chanson andalouse e Sevillana “A Séville, belles Señoras” di Jules Massenet. Subito dopo la voce scivola morbida in “Oeuvre ton cœur”  e “Adieux de l’hôtesse arabe” di Bizet. Spettacolare. 

Anche Praticò, con un fuori progrmama in solo sempre una Sevillana ma di Albeniz, svolge raffinate concatenazioni armoniche che caratterizzano questo repertorio in modo eccellente, mai una sbavatura, mai un'intenzione espressiva o dinamica non riuscita – così come in un secondo fuori programma nella seconda parte: da Années de pèlerinage di Litsz parafrasando Petrarca: “Pace non trovo, e non ho da far guerra”. Al secondo tempo Rossini, Mercadante e Verdi confermano le emozioni della prima parte. Più sobria ma marcata la bellissima aria da Soirées musicales, “L’invito” di Rossini, il discorso musicale scivola come fossero un unico strumento. In “La stella” e “La primavera” di Mercadante la forma sembra trasformata in un incantato virtuosismo tra sentimenti e voce, confidenziale, a tu per tu, come se fosse la prima volta che lo affronta. Mai un calo di tensione. Praticò dosa il volume distillando una serie di pianissimo, come sussurri che sfidano l'udito dei più nell’introduzione di “La Primavera”, magica. Qui il soprano era su timbri ideali, corposi, bruniti, come se Mercadante restituisse tutta l'espressività della voce della Oropesa, la sua genialità e bellezza. Conclude “Merci, jeunes amies” da Les vêpres Siciliennes di Verdi, preceduto da “È la vita un mar d’affanni”, “Stornello”, “Chi i bei dì m’adduce ancora”, “Perduta ho la pace” e si scardina ogni convenzione di interpretazione, di scansione ripetuta, dove scorre libero il fraseggio creando forme e prospettive mai osate prima. Pubblico esaltato, insaziabile, dopo quattro bis: tarantella di Rossini, un pò lanciata lì, subito un’aria da una Zarzuela – qui più a suo agio – e ancora Te Voglio bene Assaje per concludere con un accenno di “...amami Alfredo” richiesto a gran voce da uno spettatore in visibilio da un palco. Tutti applaudono alzandosi in piedi con enorme festa, mentre Oropesa si profonde in inchini. Annunciato successo.  

 

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