Il ritorno dell’opera kolossal

Grande successo per "Les Huguenots" alla Deutsche Oper di Berlino

Recensione
classica
Deutsche Oper Berlin
13 Novembre 2016
Chissà se c’entra il rinnovato successo dei kolossal hollywoodiani in 3D sul grande schermo con un certo crescente interesse per il grand opéra che si nota in molte sale d’opera. Se la corazzata francese dell’Opéra già ne annuncia una nuova edizione per la prossima stagione, intanto ci prova la berlinese Deutsche Oper a misurarsi con il Cecil B. DeMille della scena ottocentesca, Giacomo Meyerbeer, alle prese con le tensioni religiose degli “Huguenots”. A Berlino si fa sul serio combinando un solido cast vocale nel quale spunta qualche astro ancora alto del firmamento lirico, su tutti Juan Diego Flórez, e chiamando un direttore giovane e brillante come Michele Mariotti la complessa macchina musicale. Ovviamente il successo non manca, anche se non tutto funziona, in primo luogo nella realizzazione scenica, che pur senza cadute non brilla. Molto dotato nella commedia, il regista David Alden sembra piuttosto a corto di idee forti e coerenti capaci di sostenere credibilmente le quattro ore del drammone meyerbeeriano. Nonostante qualche quadro di un certo impatto e una certa abilità a muovere le masse (quando le muove), fin dall’inizio Alden appare incerto sulla chiave da scegliere, risolvendo i primi due atti con i toni leggeri e danzati del musical e spiritosaggini piuttosto gratuite, l’articolato terzo atto con un’inspiegabile fissità quando gli spunti spettacolari si sprecherebbero, e appiattendosi sulla convenzione melodrammatica più trita negli ultimi due atti, che alla fine sono quelli che meglio funzionano. Volendo non mancherebbero nemmeno gli appigli all’attualità in tempi di guerre religiose, ma sul piano visivo la scelta di spostare nel tempo l’azione si arresta al generico primo Ottocento dei costumi. Fra i molti limiti della regia, forse quello che pesa di più è una direzione d’attori a dir poco debole, che certamente non aiuta Juan Diego Flórez, un Raoul de Nangis vocalmente smagliante, come da attese, ma scenicamente davvero esile, almeno fino all’infuocato duettone del quarto atto con Valentine, l’intensa Olesya Golovneva, uno dei momenti più forti della lunga serata. All’opposto, Patrizia Ciofi disegna benissimo una svagata Marguerite sotto psicofarmaci (altra stravaganza senza un vero sviluppo), brillante nei capricciosi virtuosismi di “O beau pays de la Touraine” con imprestiti lammermooriani e da regina della notte nella cadenza, però manca di nerbo nel seguito anche per evidenti carenze vocali nel registro centrale. Di forte impatto la prova di Ante Jerkunica, un Marcel dai toni imperiosi, così come quella di Irene Rogers che conferisce insolito spessore alla paggio Urbain. Poco più che funzionali, invece, il gruppetto di nobili cattolici, sui quali emerge il Nevers di Marc Barrard ma solo sulla distanza. Se questi “Huguenots” lasciano un segno è soprattutto per l’autorevole direzione di Michele Mariotti, limpida e di magistrale equilibrio fra lo slancio dei grandi passaggi corali e l’elaborato tessuto strumentale esaltato nei momenti più intimisti. Mariotti sa diventare trascinante nell’incalzante chiusa dal duettone “all’italiana” di Valentine e Raoul, passando dal ballo a palazzo mentre si consuma il massacro degli Ugonotti e culminando nel travolgente sacrificio del finale. Strepitosi l’orchestra e il coro rinforzato della Deutsche Oper, perfettamente calati nel ruolo. Successo incondizionato per tutti.

Note: Nuova produzione della Deutsche Oper di Berlino. Date rappresentazioni: 13, 17, 20, 23, 26, 29 novembre 2016, 29 gennaio, 4 febbraio 2017.

Interpreti: Patrizia Ciofi (Margherita di Valois), Derek Welton (Il conte di Saint-Bris), Marc Barrard (Il conte di Nevers), Olesya Golovneva (Valentine), Irene Roberts (Urbain), Paul Kaufmann (Tavannes / Primo monaco), Andrew Dickinson (Cossé), John Carpenter (Méru / Secondo monaco), Alexei Botnarciuc (Thoré / Maurevert), Stephen Bronk (de Retz / Terzo monaco), Juan Diego Flórez (Raoul de Nangis), Ante Jerkunica (Marcel), Robert Watson (Bois-Rosé), Ben Wager (Un arciere), Adriana Ferfezka (Coryphée), Abigail Levis (Due dame cattoliche)

Regia: David Alden

Scene: Giles Cadle

Costumi: Constance Hoffman

Coreografo: Marcel Leemann

Orchestra: Orchester der Deutschen Oper Berlin

Direttore: Michele Mariotti

Coro: Chor der Deutschen Oper Berlin

Maestro Coro: Raymond Hughes

Luci: Adam Silverman

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.