Il pianoforte bello e impegnato di Rzewski
Al Festival Aperto di Reggio Emilia Emanuele Arciuli ha proposto un’efficace lettura di The People United Will Never Be Defeated!
Brano tra i più celebri e celebrati di Frederic Rzewski – compositore e pianista statunitense adottato dall’Europa (e dall’Italia, in particolare) e scomparso nel giugno del 2021 all’età di 83 anni – le trentasei variazioni per pianoforte The People United Will Never Be Defeated! sono state proposte da Emanuele Arciuli qualche sera fa nell’ambito del Festival Aperto di Reggio Emilia.
Brano impegnato e politico per definizione, generato dalla reinterpretazione pianistica presentata nel 1976 da parte dello stesso Rzewski del noto inno popolare arrangiato dal compositore cileno Sergio Ortega El pueblo unido jamás será vencido – divenuto a sua volta una sorta di manifesto della Nueva Canción Chilena e, in seguito al sanguinoso golpe del generale Pinochet dell’11 settembre 1973, portato al successo internazionale da gli Inti-Illimani, un altro gruppo cileno che al momento del golpe si trovava proprio in Italia – questa composizione è stata proposta da Arciuli attraverso una lettura asciutta e densa al tempo stesso.
Scevra da qualsiasi tentazione retorica, l’interpretazione del pianista pugliese ha attraversato le trentasei variazioni che compongono questo brano riuscendo a cesellare la complessa architettura che sottende alla struttura compositiva con una misura e una intensità comunicativa pregnante ed efficace.
Come annota con lucida consapevolezza lo stesso Arciuli nel suo libro Viaggio in America (edizioni Curci, 2022) «anche People United, che peraltro contiene citazioni dell’Internazionale e di Avanti Popolo, è un formidabile manifesto politico, pur senza averne l’intenzione esplicita. Questa musica trova la sua grandezza nel non aver mai cercato di demandare all’impegno in quanto tale il giudizio sulla qualità dell’opera: insomma, non ha mai nascosto le sue virtù estetiche dietro le ragioni dell’etica».
Una linearità di lettura che abbiamo ritrovato con estrema coerenza anche in occasione di questo concerto, un’opportunità che ci ha permesso di attraversare le differenti oasi espressive che si susseguono lungo il tracciato di questa composizione con un’attenzione costantemente rinnovata, ravvivata di variazione in variazione da sfumature, accenti, rimandi e rilanci espressivi sempre concretamente presenti e vitali.
Quindi arte, musica, che sollecita il pensiero – e l’impegno – politico non perché schierata a prescindere, ma perché, in virtù della sua insita qualità estetica – che arriva prima dell’esposizione politica –, decide di far proprio, di condividere, un valore – un messaggio se vogliamo – appunto politico.
Un segno decisamente incisivo, quello consegnato da Arciuli alla sua interpretazione del brano di Rzewski, che ha indotto l’attento pubblico presente a esprimere un caloroso apprezzamento al quale il pianista ha risposto offrendo due brani fuori programma: un diverso immaginario americano rappresentato dalle eco navajo di Connor Chee, seguito da un pacificante clima europeo beethoveniano. Tanti e tanto meritati gli applausi che hanno chiuso la serata.
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