Il Parsifal di Tatjana Gürbaca torna ad Anversa
Il tenore americano Erin Caves è Parsifal nel bellissimo allestimento, all’Opera di Anversa fino al 4 aprile
Dopo cinque anni l’Opera di Anversa riprende la sua pluripremiata produzione del Parsifal per la regia di Tatjana Gürbaca e bissa il successo con un ottimo cast di interpreti che debuttano per la maggior parte nei rispettivi ruoli e una splendida prova dell’orchestra diretta dal giovane Cornelius Meister.
L’allestimento conferma il suo valore conservando intatta tutta la sua freschezza, che consiste essenzialmente nell’avere saputo esprimere una lettura diversa dell’ultima opera di Wagner, epurandola da tutti i possibili riferimenti religiosi e liturgici cristiani, proponendo immagini simboliche universali diverse dalle usuali (il sangue che cola dal fondale, le donne anziane che non ti aspetti in un giardino di delizia, eccetera) e lavorando sul dettaglio che sa riempire e dare significato a tutta una scena. Ma innanzitutto è la maniera di fare muovere interpreti e coro che funziona benissimo: è una regia assai vicina, da questo punto di vista, a una coreografia per quanto i movimenti e le posizioni sono espressivi, funzionali, ed anche esteticamente consoni alla musica.
Tutti davvero bravi gli interpreti, a cominciare dal tenore americano Erin Caves, specialista di Wagner, che per la prima volta indossa i panni di Parsifal incarnandolo alla perfezione quale sempliciotto capace però infine del giusto comportamento e sfoderando voce piena, rotonda, decisa. Il mezzosoprano tedesco Tanja Ariane Baumgartner ha il timbro giusto per disegnare una Kundry selvaggia e seducente insieme, che con naturalezza sa ben dominare la scena presentandosi come il fil rouge che collega i diversi personaggi. Di spessore anche l’interpretazione del baritono Christoph Pohl, che riesce a ben trasmettere tutta la sofferenza che Amfortas assume su di sé, e quella del basso slovacco Stefan Kocan che, in sedia a rotelle, dà vita a un Gurnemanz, il cavaliere più anziano del gruppo, dalla lunga esperienza e molteplice sfaccettature. La parte del "cattivo" Klingsor è affidata al baritono Kay Stiefermann, un po’ meno incisivo e memorabile degli altri, mentre si fa notare nella parte di Titurel il giovane basso finlandese Markus Suihkonen. Splendido il coro, anche quello delle voci bianche. In un allestimento talmente spoglio fondamentali infine le luci d’effetto di Stefan Bolliger.
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