Il Magico Flauto di Barrie Kosky
Torino: al Regio grande successo per l'opera mozartiana in versione cinema muto
Sorprendente questo innovativo Flauto magico, in arrivo dalla Komische Oper di Berlino, ideato da Suzanne Andrade e Paul Barritt, insieme a Barrie Kosky, la cui regia è ripresa da Tobias Ribitzki. Ci fanno sognare attraverso una fantasmagoria simile a una lanterna magica, interamente affidata alla scenografia digitale: il risultato è la disposizione scenica sul fondale del teatro, impiegato nella sua superficie orizzontale come se fosse uno schermo cinematografico. L’idea di sfruttare la piattezza – e non la profondità, data unicamente da luci e proiezioni – invita il pubblico ad assumere un’inedita prospettiva che fa risuonare il Flauto di Mozart molto diverso da qualsiasi altro visto e ascoltato prima (ovvero, si tratta di una rivoluzione per lo sguardo: come Mantegna fece col suo Cristo morto). Ciò costringe l’eccellente cast – con invisibile trucco scenico – a essere imbragati con corde da alpinisti per entrare letteralmente nelle proiezioni e “abitarle”: giunge l’immortale opera mozartiana da spazi onirici assai movimentati e variopinti. I nostri mezzi sono insufficienti a descrivere quanti stimoli offra questa visione, quali nuovi livelli di lettura crei su un’opera che credevamo di conoscere bene e che, semplicemente, va vista: meglio se due volte. L’ispirazione centrale viene dal cinema muto: su questo fa perno anche la soppressione dei recitativi tipici del Singspiel qui sostituiti con la proiezione di intertitoli (in tedesco), con un font elegante, proiettati sulla scena, secondo lo stile dei film senza sonoro.
Il Flauto magico torinese è portato in vita da un cast vocale omogeneo e di ottime doti vocali (nonché, come si diceva, atletiche): bravi Joel Prieto (Tamino), Gabriela Legun (Pamina che, sostituiva l’indisposta Ekaterina Bakanova, in questa produzione ha l’allure di Louise Brooks), Alessio Arduini (Papageno in veste di Buster Keaton), Sarastro (In-Sung Sim), Thomas Cilluffo (inquietante Monostato-Nosferatu). Di grande forza, spietata crudeltà e bellezza di emissione la Regina della notte interpretata da Serena Sáenz. Una nota di merito per la duttilità della voce va al soprano Amelie Hois (Papagena), già apprezzata nell’applaudito Powder her face. La costituzione di un ensemble di interpreti fissi per la stagione (in questo cast Ksenia Chubunova, Rocco Lia, oltre ai già citati Hois e Cilluffo) è un’ottima idea e già sta mostrando i suoi frutti.
La direzione di Sesto Quatrini s’ispira alle interpretazioni storicamente informate, dando una lettura del Flauto asciutta, scattante e agile: che combacia perfettamente con quanto vediamo in scena. Senza dubbio, uno dei migliori spettacoli ascoltati e visti al Regio di Torino negli ultimi anni.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Un memorabile recital all’Accademia di Santa Cecilia, con Donald Sulzen al pianoforte