Il Festival delle Nazioni per le nuove generazioni

All’interno dell’edizione 2018, dedicata alla Repubblica Ceca (e all’anniversario di Rossini) molte proposte e una significativa attenzione ai giovani

Festival delle Nazioni 2018 - Lenny
Lenny (foto di Monica Ramaccioni)
Recensione
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Città di Castello
Festival delle Nazioni 2018: Sara Pastine e Giulia Contaldo / Lenny
27 Settembre 2018 - 29 Settembre 2018

Città di Castello, sede da ormai mezzo secolo di una delle principali manifestazioni musicali e culturali dell’Umbria, quel Festival delle Nazioni che quest’anno è arrivato all’edizione numero cinquantuno, portando le proprie proposte anche in quei pregevoli luoghi d’arte che sono, per esempio, la Chiesa di San Francesco a Citerna, l’Oratorio di San Crescentino a Morra e il Cortile del Castello Bufalino a San Giustino. Dallo scorso 25 agosto il progetto dedicato alla Repubblica Ceca – seguendo la prassi che, come indica lo stesso nome del festival, pone annualmente sotto i riflettori una diversa nazione o regione del mondo – e sviluppato dal direttore artistico Aldo Sisillo, ha seguito il fil rouge dei compositori, degli esecutori, degli eventi storici e artistici, offrendo un panorama decisamente articolato di cosa quel paese ha espresso e tuttora esprime in termini culturali (QUI la recensione di Mauro Mariani).

Alternato comunque con altri concerti – come quello di apertura, di cui già si è parlato – il viaggio culturale alla scoperta della Repubblica Ceca ha finora potuto contare su appuntamenti come quelli che hanno visti protagonisti il gruppo Auser Musici (il 3 settembre, con un programma dedicato alla musica da camera nella Praga del Settecento), il pianista Martin Kasik (il 28 agosto, interprete, fin troppo energico, del repertorio scritto più recentemente da Smetana, Martinů e Janáček) o il prestigioso Athenäum Quartett, quartetto d’archi dei Berliner Philharmoniker impegnato (il 4 settembre) con un programma dedicato a Suk, Smetana e Dvořák.

Come da tradizione, vige la prassi di inserire anche spettacoli teatrali, scelta che ha portato alla avvincente esibizione del Teatro Nero di Praga, protagonista – nel Teatro degli Illuminati di Città di Castello – di un’Antologia comprendente gli episodi fondamentali della sua storia, a cominciare da quello denominato “La lavandaia” e ideato addirittura nel 1959 dal suo fondatore Jiří Srnec. Un turbinio di movimenti, di invenzioni sceniche, tutte incentrate tra il visibile e l’invisibile, che in qualche modo ha trovato una sua corrispondenza in quel teatro dell’immaginario di Buongiorno signor Gauguin, tratto da Una solitudine molto rumorosa di Bohumil Hrabal, evento "collaterale" nel quale la regia di Enrico Paci ha dato modo all’attore Massimo Boncompagni di esprimere il profondo disagio esistenziale di un semplice operaio, messo in disparte da un omologante progresso tecnologico.

Di assoluto rilievo 1968 Praga primavera lavoro con cui (il 3 settembre) Ivan Teobaldelli ha voluto offrire una importante possibilità di memoria collettiva della tragica esperienza che mise fine all’esplosione di libertà conosciuta dall’allora Cecoslovacchia, spettacolo in prima assoluta nel quale Claudio Panariello ha costruito un live electronics basato su registrazioni d’archivio di Radio Praga e su musiche dei Plastic People of the Universe, gruppo rock psichedelico nato proprio nel ’68.

In attesa degli ultimi appuntamenti previsti proprio a Città di Castello – la rappresentazione di Brundibar, opera per bambini scritta da Hans Krása nel 1938, giovedì 6 settembre nel Teatro degli Illuminati, e il concerto conclusivo affidato all’Orchestra Filarmonica della Boemia meridionale, venerdì 7 settembre nella Chiesa di San Domenica – merita evidenziare un aspetto di questo Festival 2018, ovvero l’attenzione alle nuove generazioni, emersa in almeno un paio di eventi su cui vale la pena di soffermarsi.

Festival delle Nazioni - Sara Pastine e Giulia Contaldo
Sara Pastine e Giulia Contaldo (foto di Monica Ramaccioni)

Il primo è il concerto del duo formato dalla violinista Sara Pastine e dalla pianista Giulia Contaldo, vincitore del Concorso Alberto Burri 2017, che si è esibito lunedì 27 agosto nella Chiesa della Collegiata di Umbertide. Quella dello scorso anno è stata la prima edizione di un concorso dedicato a gruppi giovanili di musica da camera, nato all’interno dello stesso Festival delle Nazioni e arrivato dunque quest’anno alla seconda edizione (che si è svolta dal 2 al 4 settembre). Nel presentare un programma che si è aperto con Beethoven e che, passando per Janáček, si è spinto fino a Ravel, le due giovani interpreti hanno dimostrato non solo un eccellente affiatamento, ma anche un’intelligente attenzione alle scelte esecutive, per adeguarsi all’acustica fin troppo generosa della Collegiata. Tempi non eccessivamente veloci nella Sonata op. 30 n. 2 hanno esaltato un brano certamente denso di quella drammaticità e conflittualità che il do minore rappresenta per il cosiddetto "secondo periodo" del compositore tedesco. Perfetto il dialogo tra i due strumenti in quel capolavoro poco eseguito che è la terza sonata del musicista ceco, sempre sostenuto da una sonorità pastosa e mai aggressiva da parte del pianoforte, mentre la celebre Sonata n. 2 di Ravel ha fluttuato nell’ampio ambiente sacro in piena libertà, rendendo oltremodo efficace quell’originale richiamo al mondo del jazz rappresentato dal secondo movimento Blues. Moderato come pure la leggerezza del Perpetuum mobile conclusivo. Ripagate da un lungo applauso del pubblico, Sara Pastine e Giulia Contaldo sono interpreti da seguire nel loro percorso di crescita, la maturità che il tempo arreca alle persone capaci potrà lanciarle verso livelli ancor più alti di quello eccellente che già hanno raggiunto e che la giuria del Premio Burri 2017 ha voluto premiare.

Lenny (foto di Monica Ramaccioni)
Lenny (foto di Monica Ramaccioni)

Tutt’altro contesto musicale quello che concerto che ha visto protagonista Lenny, giovanissima popstar nata a Praga e trasferitasi successivamente a Londra, conosciuta in Italia in particolare grazie a "Hell.o", vero e proprio tormentone radiofonico del 2017, tratto dal suo primo album realizzato l’anno prima in studio e intitolato Hearts. Incentrato sui brani di questo album, il concerto che si è svolto a Città di Castello il 28 agosto, nella suggestiva Piazza Gabriotti, ha portato un messaggio musicale indirizzato per sua natura alle nuove generazioni, quelle cui appartenevano ragazzi e ragazze che gremivano il bordo del palco, ma soprattutto ha dato un simpatico esempio di come un evento un po’ diverso dal solito potesse riempire un luogo aperto decisamente ampio. L’evento da ricordare forse non è il pop piuttosto semplice su cui si basa la musica di Lenny ma la Piazza Gabriotti piena di gente che seguiva l’artista, insomma partecipava a una festa colorata e movimentata freneticamente dai balzi con cui si muovevano lungo il palco sia la cantante che il suo chitarrista. Da "Bones" a "Standing At The Corner of You", fino alla più volte ripetuta "Hell.o", un universo sonoro variamente animato da soli tre esecutori (con la complicità di non poche basi preregistrate) che ha contagiato una intera popolazione con i propri ritmi e colori. Questo ed altro può succedere a Città di Castello, se di mezzo c’è un Festival delle Nazioni.

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