I tormenti di Káťa

A Liegi nuova produzione di Káťa Kabanová

Káťa Kabanová (Foto ORW-Liège/J.Berger)
Káťa Kabanová (Foto ORW-Liège/J.Berger)
Recensione
classica
Opéra Royal de Wallonie-Liège
Káťa Kabanová
18 Ottobre 2024 - 26 Ottobre 2024

L’Opéra Royal de Wallonie-Liège continua il suo percorso di rinnovamento del cartellone proponendo una nuova produzione di Káťa Kabanová di Leoš Janáček, la sesta opera del compositore ceco creata nel 1921 per il Teatro nazionale di Brno, che mancava da Liegi da quasi venticinque anni. E, ha anticipato il suo direttore generale Stefano Pace, presto si riproporrà anche Smetana. Il nuovo allestimento è stato affidato alla giovane regista teatrale francese Aurore Fattier, direttrice della Comédie de Caen in Normandia e molto attiva anche in Belgio, alla sua prima opera lirica e qui supportata da una équipe creativa franco-belga. Sul podio è stato chiamato il direttore tedesco Michael Güttler, pure lui alla sua prima direzione di Janáček ma già con direzioni di altri compositori dell’Europa dell’Est. Cast vocale di ottimo livello e alla fine non sono mancati gli applausi di una sala non piena come al suo solito ma che è sembrata felice di risentire l’opera di Janáček così profondamente drammatica, tra reminiscenze romantiche e adozione di dissonanze e suoni aspri, dai colori vividissimi eppure a tratti assai delicata, sopratutto con ricercato recupero di motivi tradizionali e ritmi dettati dal desiderio di valorizzare la lingua ceca ricca in consonanti. Dopo un avvio un po’ titubante, il direttore ha saputo trarre il meglio dall’Orchestra dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège con il necessario crescendo d’intensità emotiva. La parte della protagonista è stata affidata al giovane soprano armeno britannico Anush Hovhannisyan pure lei alle prese per la prima volta con questo repertorio, voce importante ma qui carattere del personaggio ancora da approfondire e non aiutata in questo da una regia che non ha saputo meglio caratterizzarla rispetto agli altri personaggi. La regista ha dichiarato di volere proporre l’opera di Janacek, ispirata al dramma L'uragano del russo Aleksandr Ostrovskij, in un una prospettiva eco-femminista, esprimendo sia il disagio interiore di Káťa tormentata tra desidero d’amore e vergogna per quel che prova, succube di tradizione e religione, sia il disagio della natura, sempre per colpa dell’azione umana, natura rappresentata qui  da un fiume Volga dissecato in cui infine Káťa si getterà, un momento di nero totale, visivamente tra i più riusciti. Le scene di Marc Lainé et Stephan Zimmerli sono molto semplici, solo con una grezza pedana in legno da una parte, una barchetta poggiata sulla scena e una targhetta con il nome in cirillico del fiume, qualche arredo, come il letto o il tavolo, introdotto quando serve dall’altra parte. Ma scene fortemente supportate, anche troppo come se la musica di Janáček non fosse sufficiente, da proiezioni di immagini, tra primi piani degli artisti o di oggetti chiave, a vedute più larghe un po’ indistinte, pure con video girati in diretta su scena con il telefonino da una ragazza in costume tradizionale. I costumi di Prunelle Rulens sono per la maggior parte di foggia moderna, le donne un po’ ridicole con le loro borsette, si fa notare l’idea della suocera che vessa Káťa, una Kabanicha in caschetto platino, quindi dove il suo vero carattere dominatrice e sadico non è più celato da un’apparenza conformista, una visione del personaggio che avrebbe potuto essere una chiave di lettura interessante, anche se stridente con il libretto, ma nel complesso l’allestimento non ha una sua originalità caratterizzante e non riesce a esprimere in modo efficace le intenzioni della regista. Oltretutto, quasi tutti i personaggi fumano in scena, come se questo conferisse loro modernità e tormento interiore, come si faceva in passato, ma oggi una tale soluzione appare solo, appunto, vecchia. Kabanicha è interpretata dal bravo soprano georgiano Nino Surguladze che entra bene nel personaggio proposto. Bella voce ed incisiva nella parte è anche il mezzo Jana Kurucová com Varvara, la figlia adottiva. Buone anche le prestazioni del tenore Anton Rositskiy che interpreta Boris, l’amante di Káťa, e del baritono Dmitry Cheblykov che è invece Dikój, il mercante che diventa l’amante della Kabanicha, con cui esce di scena a quattro zampe come un un cagnolino. E adeguati anche il tenore Alexey Dolgov come Váňa Kudrias, l’amante di Varvara qui stranamente presentato come un non vedente, e il baritono Daniel Miroslaw come Kuligin. Per cantare il debole Tichon, il figlio succube della Kabanicha e marito di Káťa, infine è arrivato, in sostituzione di lusso, il tenore danese Magnus Vigilius, recentemente acclamato in Sigfrido alla Monnaie di Bruxelles, che in passato ha già interpretato quest’opera ma nella parte di Boris,  che ha dimostrato di sapere bene incarnare non solo l’eroe ma anche il perdente. Buona prova anche del coro dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège. 

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