I tipi umani di Rossini
Un Barbiere di Siviglia da esportazione per il Teatro Comunale di Bologna
Sono due opere “da tour” Il barbiere di Siviglia e Rigoletto in scena in questa settimana al Teatro Comunale di Bologna, con regie agili create (la prima) o rinnovate (la seconda) per l’imminente trasferta in Giappone delle due produzioni. Il teatro felsineo esporta due titoli iconici della tradizione italiana e operistica, scegliendo di conseguenza un’impostazione scenica che dalla tradizione non si discosti: è quello che accade con l’opera rossiniana che ha debuttato domenica 17 marzo con la regia di Federico Grazzini e diretta da Federico Santi (la prima di Rigolettosarà invece martedì 19), con scenografie (di Manuela Gasperoni) mobilissime e smontabili, che assemblano sul palcoscenico (con piacevoli effetti ottici coordinati con la musica) un ceto borghese ai suoi primordi, come è appunto quello di inizio Ottocento. Ma non è acriticamente che Grazzini fa aderire il suo Barbiere all’epoca storica per il quale è stato scritto: il suo è un espediente per rompere la quarta parete e coinvolgere interpreti e pubblico in un gioco metateatrale, in cui gli uni e gli altri sono ben coscienti di assistere alla creazione di un mondo artefatto, ovvero quello di Bartolo (Marco Filippo Romano). Per questo sono estremizzati i caratteri macchiettistici di ogni ruolo (Il Conte d’Almaviva di Antonino Siragusa, la Rosina di Cecilia Molinari, il Figaro di Roberto De Candia), e per lo stesso fine sono estremizzati gli elementi non realistici e “di follia” presenti nella partitura. Il mondo stereotipato che ne risulta esaspera tutto il “buffo” presente nell’opera (evidentissimo nel Basilio di Andrea Concetti e nella Berta di Laura Cherici), lasciando un retrogusto dolceamaro: proprio perché privati di ogni realismo, i personaggi diventano sintesi vivente dei vizi e delle virtù dei tipi umani che rappresentano.
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