I suoni del mare con Sentieri Selvaggi

Napoli: per il Maggio della Musica

Sentieri Selvaggi
Sentieri Selvaggi
Recensione
classica
Museo Darwin – Dohrn, Napoli
Sentieri Selvaggi
19 Aprile 2024

Il silenzio non c’è mai. Suona sempre l’acquario. Anche quando i pesci dormono e le balene non cantano, ma sbuffano, ansimano continuano a respirare come un gigante indomabile. E i suoi resti imponenti nel giardino, è l’immagine che prima di tutto colpisce, entrando nel Museo Darwin – Dohrn, di fronte al mare sulla riviera di Chiaia, a Napoli. Venerdì 19 aprile il celebre ensemble di musica contemporanea Sentieri selvaggi si è esibito nell’ambito della rassegna “I Concerti dell’Acquario” organizzata dall’associazione Maggio della Musica. Un ronzio marino di fondo è il timbro che prima di tutto introduce Incerte cartografie di mare: quattro luoghi marini, del compositore milanese Carlo Galante, per flauto e pianoforte. Come un mantra, come i bassi dell’organo in una cattedrale, è un soffio che dal flauto di Paola Fre passa tra le coordinate guardando ad est, ovest poi verso sud e in prossimità del nord e ti accompagna in porti immaginati da Galante. Il timbro del pianoforte di Andrea Rebaudengo è subito bagnato, fresco spesso graffiante quando le corde del pianoforte sono pizzicate dall’interno. Più nostalgico con note e colori di memoria in Venus de Milo di Carlo Boccadoro (1963), un dialogo a canone a tre dove il violoncello di Aya Shimura spinge gli altri due verso un ricercare quasi senza fine, senza fondo. Per questa occasione il legame rinsaldato tra l’acquario e la sua città tramite il Maggio porta un brano in prima esecuzione, composto per essere eseguito tra questi pesci. Nato dalla suggestione di un museo marino con abitanti lindi e colorati, ed oggetti marini qua e là quasi da museo d’arte contemporanea. Una nobile nave, seppur malinconica (brevi episodi marini alla ricerca di Moby Dick), si intitola in nuovo pezzo. Lo ha scritto sempre Galante, classe 1959, circa quindici minuti di musica senza soluzione di continuità, che in maniera efficace, narrativa, raccontano una virtuale caccia alla balena bianca. Da un gruppo di poche note le figurazioni si allargano, si sovrappongono tra gli strumenti , entrano in tensione tra loro, creando un cumulo di energia fino a creare un solido edificio. Pur conciso, il brano trova spazio per dialoghi tra il pianoforte e flauto e poi con il violoncello per un finale in sordina, con glissandi scivolosi, quasi una musica a programma. La misura è quella giusta per incastonarsi con il celebre Vox Balene, per tre esecutori mascherati di George Crumb (1929-2022), perché l’impaginato, dal taglio specialmente marino, è costruito per invitare ad ascoltare “la voce delle balene”, come spiega il direttore artistico del Maggio Stefano Valanzuolo. La voce di Paola Fre direttamente nella boccola del flauto introduce il timbro ipnotico del brano arricchito dall’effetto degli armonici sulle corde del violoncello. Poi fischi notturni e pizzicati rievocano i suoni sotto marini. Per emozioni contemporanee. Si sa che la musica può imitare tutto, e spesso lo fa raccontando se stessa, qui in un luogo a creare le qualità specifiche del concerto. 

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