I prigionieri alla Monnaie

Andrea Beth firma una regia di duro impatto emotivo per Il prigioniero di Dallapiccola e Das Gehege di Rihm

Prigioniero - La Monnaie
Foto B.Ulhig - La Monnaie
Recensione
classica
Opera de la Monnaie, Bruxelles
Il prigioniero / Das Gehege
16 Gennaio 2018 - 21 Gennaio 2018

Cella o gabbia, uomo o animale, sempre di cattività si tratta, e ben ha fatto la Monnaie a proporre insieme due atti unici d’opera contemporanea – Il prigioniero di Dallapiccola del 1950 e Das Gehege di Rihm del 2006 – che, pur essendo stati ideati in contesti anche musicalmente assai differenti, hanno un potente filo conduttore che li lega.

Continuità che è stata amplificata dall’allestimento di Martin Zehetgruber, in entrambi i casi scarno, ma con efficaci moltiplicazioni quasi ossessive delle sbarre, che mette ancora più in primo piano le voci e l’interpretazione dello stesso cast per le due opere con, in particolare, una splendida prova del soprano spagnolo Angeles Blancas Gulìn nella parte della madre del Prigioniero e poi in quel monologo emotivamente molto potente che è, nel lavoro di Rihm, la donna che si confronta con l’aquila in gabbia, con un’animale che resta indifferente a tutti i suoi approcci, anche all’offerta di libertà. La donna stessa sembra, assai più dell’aquila, una disperata prigioniera e la foresta, la natura, la sua stessa unica via di salvezza. Quel desiderio di libertà che, ma la speranza che si trasforma in beffa, aveva tenuto in vita sino alla sua esecuzione il Prigioniero, interpretato da un altrettanto bravo cantante, il baritono Georg Nigl, che anche in questo caso è pure ottimo attore nel suo confronto con l’Inquisitore/Carceriere a cui dà voce il tenore inglese John Graham-Hall.

Una nuova produzione, realizzata in collaborazione con l’Opera di Stuttgart, che porta la firma della regista tedesca Andrea Breth che colpisce in profondità per la sua dura essenzialità, nulla è sfumato, ogni gesto, ogni scelta, anche le luci di Alexander Koppelmann sembrano tagliate con l’accetta accendendosi e spegnendosi in modo netto, e così pure il buio si carica di enorme significato. Il tutto supportato da una musica che la direzione precisa di Franck Ollu rende ancora più carica di energia ed impattante, ben evidenziando le differenze  di stile dei due compositori.

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