I colori cupi di Gioconda
Interessante impianto registico di carattere minimalista, con particolari scelte cromatiche. Direzione musicale senza carattere e tempi molto lenti. Buona la compagnia di canto.
Recensione
classica
Una Venezia colorata di grigio, pervasa da atmosfere cupe, quasi cimiteriali, è quella che emerge dall'impianto scenografico e registico della Gioconda che ha aperto il festival areniano di quest'anno. Sullo sfondo una grande parabola argentata (con una funzione anche di aiuto acustico), con grigi cipressi ai lati e poi scale semoventi che, diversamente combinate, vengono a formare ponti veneziani piuttosto che ampie scalinate. Rosso vivo è la nave che emerge, nel secondo atto, con i suoi toni accesi riflessi dalla parabola, davanti una sorta di ara con la bocca del leone. Giocato tutto sui contrasti cromatici - anche nei bei costumi - di rosso, bianco, grigio e nero, ad emergere è una concezione teatrale essenziale, minimalista, di notevole gusto; efficaci e ben condotti nei dettagli, i movimenti di mimi e delle masse, con una danza delle ore, assolutamente non sfarzosa, ballata su una scalinata. Una regia, senza orpelli, atta a mettere a fuoco in maniera nitida gli snodi di un libretto denso di incongruenze, per lasciare alla musica il compito di far emergere tutto il pathos drammatico. Ma è stata la conduzione musicale di Donato Renzetti che ci è parsa a questo punto debole, senza vigore, quasi rinunciataria, con scelte agogiche molto dilatate, l'attenuazione di contrasti dinamici, impulsi e scatti, che ha allungato notevolmente la durata della rappresentazione. Ciò nonostante la compagnia di canto nel complesso abbia ben retto: Marco Berti interpreta il ruolo di Enzo con relativa sicurezza e vigore, la Gioconda di Andrea Gruber è ricca di accenti lirici e forza, convincente il Barnaba di Alberto Mastromarino, di notevole nitore e forza vocale l'Alvise di Carlo Colombara. Pubblico non numeroso, che ha applaudito spesso a scena aperta romanze e balli, forse un po' stanco e frettoloso alla fine.
Fabio Zannoni
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento