Harding in memoria di Abbado
La Sinfonia n. 2 di Mahler all'Accademia di Santa Cecilia

Recensione
classica
Daniel Harding e l'Accademia di Santa Cecilia hanno voluto dedicare a Claudio Abbado la Sinfonia n. 2 "Resurrezione" di Mahler, che era un po' l'emblema del direttore milanese, che la scelse per il debutto al festival di Salisburgo, per il primo concerto con la London Symphony, di cui poi sarebbe diventato Direttore principale, e per la rifondazione della Luzern Festival Orchestra. Nel 1980 la diresse anche in occasione di quello che sarebbe stato per molti anni il suo ultimo concerto con l'orchestra romana, sul cui podio sarebbe tornato solo dopo un trentennio, durante il quale venne a Roma solo in tournée con altre orchestre. Il direttore inglese offre un'interpretazione di questa sinfonia molto diversa da quella di Abbado, nonostante sia cresciuto come suo assistente. Invece di cercarvi una coerenza drammatica al di sotto delle fratture formali e degli sbalzi d'umore, Harding identifica in quelle rotture e in quegli sbalzi la sostanza stessa di questa musica, che esprime con vigore effimere certezze, presto spazzate via da altre certezze altrettanto illusorie, da cui esce un mondo in frantumi, senza vie d'uscita, per cui alla fine non resta che aggrapparsi alla resurrezione come ultima àncora di salvezza, come ultima disperata speranza. I punti culminanti della sua interpretazione sono proprio queste fratture, quando una sezione si sgretola, o dissolvendosi nel silenzio e nel nulla o crollando con violenza apocalittica, e una nuova sezione irrompe, spesso con una grandiosità trionfale, destinata però a vita breve (relativamente breve, viste le proporzioni di questa sinfonia). All'orchestra romana, che come tutte le orchestre italiane tende soprattutto alla cantabilità e alla bellezza del suono, Harding chiede anche una potenza e una compattezza sonore di marca teutonica, e le ottiene. Esalta la potenza spettacolare dell'enorme organico (neanche l'Ottava, la "Sinfonia dei Mille", esige dieci corni e dieci trombe come la Seconda) con effetti di spazializzazione del suono che per una volta non fanno apparire troppo vasta la Sala Santa Cecilia; ma, quando è il momento, come nell'Andante moderato e in Urlicht, sa anche ottenere un suono estremamente delicato, trasparente e intimo. Buona la prova delle cantanti Anna Lucia Richter e Anna Larsson, ottima quella del coro istruito da Ciro Visco. Grande e meritato successo
Interpreti: Anna Lucia Richter, soprano; Anna Larsson, contralto
Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: Daniel Harding
Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Maestro Coro: Ciro Visco
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