La stagione 2007-8 è stata aperta da un exploit musicale di altissima classe, che dà il segno di una Scala rinnovata. Il Tristan diretto da Barenboim è quanto di meglio si sia mai sentito da tempo nella sala del Piermarini, sviluppa solenni distensioni, che via via si accumulano nella memoria fino a sfociare in momenti di coinvolgimento emotivo senza via di scampo, e improvvise lancinanti tensioni. L'orchestra ha davvero fatto miracoli, senza gratuite dimostrazioni di bravura, sempre con equilibrata fusione d'impasti. All'eccellenza strumentale va aggiunta la buona prova del cast. Waltraud Meier (Isolde), ancora in ottima forma e autorevolissima, ha dimostrato di essere una attrice di rango, per esempio i suoi modi sarcastici quando mima la sua prossima presentazione al re o, passaggio da brivido, la furia nel maledire Tristan. Quest'ultimo è interpretato da Ian Storey, di buona presenza scenica, ma vocalmente non troppo felice, specie per mancanza di chiarezza. Gli altri personaggi maschili invece sono ottimamente riusciti, il giovanile Kurwenal di Gerd Grochowski quanto il dolente re Marke del grande Matti Salminen. Come pure la materna Brangäne di Michelle DeYoung, che offre momenti di struggente tenerezza quando si tiene stretta la sua Isolde per consolarla. Il merito di tanta cura nella recitazione di tutti va senza dubbio a Patrice Chéreau, autore di una regia molto elegante, rispettosa del testo, che sottolinea e amplifica, inventando talora situazioni indimenticabili. Come nel caso degli amanti che, appena bevuto il filtro, siedono prostrati come se i loro mondi crollassero all'istante; con Tristan che poco dopo va a inchinarsi davanti a lei e le bacia il lembo della veste. Di questi tocchi di grande teatro è cosparso tutto lo spettacolo, con un unico stridore, la fregola dei due all'arrivo in Cornovaglia: troppo esibita, considerando che il loro è un amore celato e notturno. Ma è l'unica pecca, insieme con gli ormai insopportabili costumi palandrana e spolverino, qui firmati da Moidele Bickel. Né valgono a riscattarli gli armigeri rinascimentali del secondo atto. Bellissime le scene di Richard Peduzzi, tutte proiettate in verticale. Di maggior impatto visivo il primo atto con una sorta di nave dei morti, un pontone sormontato da un reperto di archeologia industriale, che riprende le atmosfere dello storico Ring del 76. Ottimo l'effetto dell'attracco, che piega improvvisamente la scena in diagonale. Il giardino del secondo atto invece cita i mortuari cipressi di Böcklin, mentre il terzo è segnato da una immensa apertura nel fondale di mattoni, spalancata sul nulla o l'eternità, che incombre fino alla fine. Ed è lì che si consuma l'estremo canto di Isolde, il volto rigato da un rivolo di sangue. Forse un eccesso in quella situazione.
Accoglienza di pubblico calorosissimo, alla presenza del Presidente della Repubblica e di altro quattri capi di Stato. La sera della prova generale, sull'ultima nota c'è stato un silenzio interminabile in sala, alla prima invece un boato, che ha leggermente infastidito il direttore.
NB. Queste note sono state redatte dopo aver assistito alla prova generale in teatro e la prima alla diretta televisiva.
Interpreti: Tristan: Ian Storey; Isolde: Waltraud Meier; Brangäne: Michelle De Young; Kurwenal: Gerd Grochowski; König Marke: Matti Salminen; Melot: Will Hartmann
Regia: Patrice Chéreau
Scene: Richard Peduzzi; Luci Bertrand Couderc
Costumi: Moidele Bickel
Orchestra: Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore: Daniel Barenboim