Nel suo essere, di fatto, la porta più a sud della Mitteleuropa, Bolzano si presta nuovamente a traghettare le produzioni dei teatri del Nord in Italia e propone, come suo penultimo titolo in stagione, un allestimento del Teatro dell’Opera di Lipsia, in coproduzione con la Fondazione Haydn.
Nella “folle giornata” quell’aggettivo, che per uno come Mozart significa complessità limpida e perfetta, porta con sé a Bolzano altre sfumature, come caotica, imprecisa e vaga.
La vaghezza è data dall’ambientazione, espressamente indicata negli anni Sessanta, ma di cui si ritrovano solamente un ciuffo a banana e una chitarra Gibson (ma non erano gli anni ’50?), qualche occhiale da sole e un paio di vestiti floreali. Ciò che non rafforza il legame di questi oggetti, ma anzi li decontestualizza, è la scenografia, che più di un castello in preda a tensioni prerivoluzionarie ricorda un Grand Hotel dove fioriscono amori da romanzi rosa. Il caos è dato da un surplus di intenzioni non sposate completamente: il bianco/nero dell’arredamento e dei costumi, la precisa definizione degli spazi, la collocazione temporale degli oggetti, la lotta di classe.
L’imprecisione coglie inaspettatamente anche l’esecuzione musicale. Nel cast la voce più centrata e quella più debole s’incontrano nella coppia di cospiratrici, rispettivamente la Susanna di Olena Tokar – sempre precisa, fluida e fresca per tutta l’opera - e la Contessa di Gal James, la cui caratterizzazione “dimessa” piuttosto che drammaticamente “seria” la relega al di fuori della scena. Quest’ultima è riempita dalla voce corposa del Conte di Mathias Hausmann e, a seguire, del Figaro di Sejong Chang, che potrebbe migliorare la dizione. Duole l’imprecisione tra queste quattro voci e l’orchestra nel finale del terzo atto, che si accompagna a qualche altra piccola debolezza negli attacchi e nell’insieme. Cedimenti che vive anche la parte strumentale in una direzione dal gesto eccessivo e per questo non chiaro. Buona la prova del coro preparato da Luigi Azzolini.
La lirica di Bolzano ha regalato nell’ultimo anno appuntamenti lodevoli come il Naso di Šostakovič (Matthias Oldag/Walter Kobéra) e Written on skin di Benjamin (Nicola Raab/Rossen Gergov), vincitrice quest’ultima opera del Premio Abbiati 2017 per la regia. Aspettiamo dunque fiduciosi di scoprire presto cosa ci aspetta nella futura stagione, la terza, firmata da Mattias Lošek.
Note: Prima italiana nuovo allestimento; coproduzione Opera di Lipsia – Fondazione Haydn
Interpreti: Contessa d‘Almaviva, Gal James; Susanna, Olena Tokar; Cherubino, Wallis Giunta; Marcellina, Karin Lowelius; Barbarina, Magdalena Hinterdobler; Conte d’Almaviva, Mathias Hausmann; Figaro, Sejong Chang; Don Bartolo, Randall Jacobs; Basilio, Dan Karlström; Don Curzio, Patrik Vogel; Antonio, Marco Camastra; Due ragazze, Maria Eleni Giuliani e Anna Pellizzari.
Regia: Gil Mehmert
Scene: Jens Kilian e Eva-Maria van Acker
Costumi: Falk Bauer
Orchestra: Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Direttore: Enrico Calesso
Coro: Coro Haydn
Maestro Coro: Luigi Azzolini
Luci: Andreas Fuchs