Giulio Cesare a Bollywood

Un Giulio Cesare visivamente lussureggiante continua il 'love affair' tra Glyndebourne e Handel

Recensione
classica
Glyndebourne Festival Glyndebourne
Georg Friedrich Haendel
03 Luglio 2005
Giulio Cesare in Egitto non è uno dei lavori drammaticamente più consistenti dell'opus handeliana. Basato su un libretto veneziano di Giacomo Francesco Bussani scritto nel 1685 per Andrea Sartorio, mantiene alcune delle caratteristiche dell'originale secentesco, in particolare una certa ambiguità tra tragedia e commedia, che è accentuata nei due protagonisti, Cesare e Cleopatra. Nonostante la ricchezza e profondità di alcune delle arie, lo sviluppo dell'azione è spesso rallentato dagli episodi relativi ad una relazione amorosa che già nell'originale sembra basata più sull'egotismo narcisistico dei due amanti (ossesionati in maniera quasi feticistica dalla altrui capigliatura) che sulla presenza di sentimenti reali. In questo senso le scelte della nuova produzione di David McVicar non sempre aiutano a dare continuità all'azione: la decisione di ambientare la vicenda in un Egitto coloniale all'inizio del ventesimo secolo produce una prima mezz'ora di grande impatto drammatico, che viene però sbilanciata dall'orientalismo bollywodiano che caratterizza il campo egizio, dove i costumi e le coreografie delle arie rimandano al linguaggio del cinema indiano. E la scelta, che si addice ai caratteri comici di Tolomeo, Nireno, ed in parte Cleopatra, non sarebbe neanche malvagia, ma McVicar sembra soffrire di una fin troppo comune 'ansia da da capo', e rincara la dose, aggiungendo alle danze oggetti pseudo-transazionali senza cui un carattere non sembra in grado di comunicare con il pubblico. Troppo movimento, troppe idee e troppi costumi producono uno spettacolo lussureggiante dal punto visivo ma la cui superficialità lascia un senso di insoddisfazione. Anche i veri caratteri tragici, la splendida Angelika Kirschlager nei panni di Sesto e Patricia Bardon in quello di Cornelia, delineati da alcune delle più intense melodie handeliane, fanno fatica in questo contesto a creare dei momenti di vera intimità drammatica. Danielle de Niese è ammirevole in una caratterizzazione di Cleopatra la cui ecletticità non sfigurerebbe su di un palcoscenico di Broadway, ma verso il finale la performance vocale sembra risentire dello sforzo fisico richiesto dal ruolo. L'efficiente Cesare di Sarah Connolly non sembra sempre a proprio agio nella tessitura contraltistica del ruolo, scritto per Senesino, e problemi di tessitura sembrano limitare anche la performance di Christophe Dumaux, divertentissimo nei panni di Tolomeo. Christopher Maltman nei panni di Achilla e Rachid Ben Abdeslam in quelli di Nireno completano un cast ammirevole. L'Orchestra of the Age of Enlightenment produce come sempre un suono di rara ricchezza e diversità, ideale per questo repertorio, anche se la direzione di William Christie sembra a tratti carente di accenti ed impulso ritmico.

Interpreti: Giulio Cesare: Sarah Connolly, Cornelia: Patricia Bardon, Sesto: Angelika Kirchschlager, Cleopatra: Danielle de Niese, Tolomeo: Christophe Dumaux, Achilla: Christopher Maltman, Nireno: Rachid Ben Abdeslam

Regia: David McVicar

Scene: Robert Jones

Costumi: Brigitte Reiffenstuel

Coreografo: Andrew George

Orchestra: Orchestra of the Age of Enlightenment

Direttore: William Christie / Laurence Cummings (28, 31 luglio, 2, 5, 7, 11 agosto)

Coro: The Glyndebourne Chorus

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