Genius Loci, lo spazio e la bellezza (e un Terry Riley pop)
Il compositore chiude all’alba la seconda, splendida edizione di Genius Loci nel Complesso Monumentale di Santa Croce a Firenze
Genius Loci è uno di quei contenitori culturali che ti costringono all’adattamento. Vale per tutti, artisti, tecnici, organizzatori, giornalisti e pubblico. Siamo nel complesso Monumentale di Santa Croce a Firenze, spazio architettonico e spirituale unico al mondo. Da qui partiamo. Nella sua logica itinerante lo spostamento, quello fisico tra Chiostro del Brunelleschi, Cappella Pazzi e Cenacolo è minimo, è soprattutto mentale e coinvolgente perché nell’accavallarsi, il sovrapporsi delle proposte in una gestione molto libera degli orari, puoi passare dalle parole di Paolo Giordano che legge pagine del suo ultimo romanzo al gipsy-jazz del Diambolulù trio, dalle riflessioni sull’infinito di Padre Abate Bernardo alla chitarra sarda preparata di Paolo Angeli. Insomma, un sano caos.
Riavvolgiamo il film di questa seconda edizione partendo dalla fine. Dall’alba di sabato 22, l’evento. Vedere un lungo serpentone di persone in attesa alle sei di mattina in Piazza S. Croce è già un evento di per sé. Sono lì perché non vogliono perdere un’occasione probabilmente irripetibile: il concerto di Terry Riley nel Chiostro alle prime luci del giorno. Il vecchio saggio, ottantatré anni, si presenta con passo un po' incerto ma con il brillante sorriso comunicativo di sempre, il carisma è intatto. Ha di fronte pianoforte, tastiera, melodica, Mac e iPad. Lo accompagna il figlio Gyan alla chitarra elettrica. L’apertura, con il cielo che sta volgendo verso un colore indefinibile e illumina lentamente il prato in un silenzio irreale, è quella che auspicavamo. Un raga indiano sinuoso, dolce, estraniante. Riley usa anche la voce con un ipnotismo magico che ci racconta di un mondo nuovo. Un incipit che promette bene, ma così non sarà. Premettendo che l’etichetta minimalista risulti oggi ampiamente evaporata, pur avendo diffuso tra gli anni Settanta e Ottanta una direzione nuova alla musica nella ripetizione, nel superamento della tonalità attraverso logiche orientali, un Riley pop non ce lo aspettavamo. La parte centrale del concerto infatti, con materiali tratti dal nuovo cd del duo, è un fin troppo rassicurante alternarsi di canzoni, visioni, spruzzi jazz, colori e ritmi anche piacevoli ma da uno dei filosofi e ricercatori più visionari del secondo Novecento musicale ci aspettavamo qualcosa di più. Per fortuna il finale è dedicato a stralci da uno dei suoi lavori fondamentali A Raimbow in Curved Air del ’69 e riviviamo sulla tastiera la frizzante sensazione di quel flusso straordinario, sempre affascinante. Probabilmente Riley ha raggiunto la pace dei suoni, lo rispettiamo perché ai grandi Maestri si vuole sempre bene.
Ma Genius Loci 2018 ci ha detto molto altro e su molti fronti. In particolare attraverso le solo performance nello spazio della Cappella Pazzi, capolavoro assoluto del Brunelleschi ma non proprio pensato per la musica. É stato molto stimolante verificare gli atteggiamenti, i linguaggi, le strategie dei musicisti rispetto alla complicata acustica di quel luogo. Roberto Ottaviano con il suo soprano sceglie la strada di quadri variati in una esplorazione totale delle possibilità comunicative del proprio strumento. Si passa dal fuoco coltraniano a passaggi più riflessivi, sapori melodici mediterranei, introspezioni lacyane, ironie nella ricerca di aspetti inusuali ma anche una vera triturazione del suono nell’esposizione del rumore. Ottaviano si conferma esecutore sopraffino, elegante con grande capacità di controllo e gestione creativa dei riverberi.
Dan Kinzelman sceglie con il tenore una strada più radicale. Dopo un attacco caldo quasi alla Webster, si inoltra poi in un labirinto senza uscite guidato da uno strepitoso e personalissimo uso della respirazione circolare che gli permette di disegnare polifonie giocate sulle frequenze di ogni singola nota del suo sassofono. Kinzelman si muove nello spazio permettendo agli spettatori che sono in circolo di percepire tutti i dettagli del proprio percorso. A tratti il sax nell’accumulazione parossistica delle riverberazioni diventa un organo, ci ricorda la spiritualità di quel luogo. Un soliloquio continuo, interminabile e inquietante al limite della resistenza fisica che alla fine trova il sassofonista stremato in piena trance ma sommerso di applausi. Pasquale Mirra con il suo vibrafono non è da meno nell’esplorazione. È attorniato da campane tibetane, e oggetti con i quali moltiplica capacità coloristiche e ritmiche. Il set prende il nome dal recente cd in solitudine per Fonterossa Records, Moderatamente solo, ma qui Mirra rischia molto di più forse stimolato dall’acustica che ridisegna, rimette in circolo le forme sonore. Come sempre eccelle sia nell’immersione in vorticosi gorghi ritmici che nel disegnare delicati e trasparenti paesaggi, sempre con un forte senso del rito e del gesto. Un musicista completo.
Fa i conti con le problematiche della Cappella anche il duo Marco Colonna (clarinetto, clarinetto basso) e Silvia Bolognesi (contrabbasso). Musicisti che si conoscono bene e condividono da tempo una particolare predilezione per l’improvvisazione totale e radicale. Lo spazio architettonico consiglia Colonna a moderare qualche ardore per non coprire le corde della compagna. Ne scaturisce un dialogo serrato dove si incontrano/scontrano poetiche vicine ma anche lontane, per esempio quando il clarinetto accenna frammenti balcanici e il contrabbasso risponde con il groove afroamericano più nero. Si trovano invece splendidamente insieme quando Colonna imbocca entrambi i clarinetti e la Bolognesi con l’archetto si apre ad un lirismo vibrante. Poesia. A proposito di poesia nel Chiostro è stato anche riproposto il Tenco Project con la voce di Tiziana Ghiglioni accompagnata da Umberto Petrin al pianoforte e Gianluigi Trovesi alle ance. Un progetto di qualche anno fa ma non certo invecchiato perchè la classe è classe e sul piano dell’interpretazione la Ghiglioni è sempre impeccabile. Rileggere, anche allontanandosene un po', le canzoni di Tenco con la capacità di trasfigurarle in qualcosa di più: poesia. I suoi compagni di viaggio da parte loro ci aggiungono quel tratto di sostegno e imprevedibilità creativa che rende il progetto ancora vitale.
Nell’aprire il racconto di un pezzo di Genius Loci 2018 abbiamo parlato di adattamento. È vero, anche per questa seconda edizione un po' tutti si sono adattati all’andamento degli eventi, alle problematiche degli spazi, agli orari. Ma in fondo, dovremo chiederci tutti, cosa c’è di meglio che adattarsi alla bellezza?
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