Fragole e champagne
Un effervescente Thomas Allen ed una sensuale Pamela Armstrong alla testa di un cast spumeggiante inaugurano a Glyndebourne un Fledermaus dal perlage perfetto.
Recensione
classica
Non c'è operetta che si rispetti in cui lo champagne non scorra a fiumi, e Die Fledermaus non è certo un'eccezione, tanto da contenere un inno al 're dei vini'. In questo senso il lavoro sembra perfetto per Glyndebourne, dove lo champagne magari non scorre a fiumi, ma è sicuramente prominente nel lungo intervallo durante il quale il pubblico fa uso dei giardini adiacenti al teatro per un tradizionale picnic in cui fragole e champagne sono presso che obbligatori. Così, quando Orlofsky improvvisamente durante il secondo atto si rivolge al pubblico in inglese per invitarlo ad un 'rinfresco nei giardini', finzione e realtà si confondono piacevolmente: fuori dall'auditorium gli spettatori sono ricevuti dal quartetto d'archi che solo pochi istanti prima intratteneva gli ospiti del principe sul palcoscenico. Si tratta di una produzione a 360 gradi, in cui i limiti del palcoscenico e della performance sono estesi a coinvolgere altri aspetti dell'esperienza teatrale: alla fine dello spettacolo, le chiamate al sipario sono accompagnate dalla marcia di Radetsky, con Frosch che dirige l'orchestra ed il pubblico alla maniera dei capodanni viennesi. Se c'è un modo contemporaneo di fare operetta, Glyndebourne l'ha sicuramente trovato al primo tentativo: la compagnia non aveva mai messo in scena il capolavoro di Johann Strauss, la cui inusuale programmazione fa parte di un progetto di esplorazione del repertorio tedesco, ma è riuscita a produrre senza compromessi uno spettacolo degno della propria tradizione, scevro della indulgenza spesso associata a questo genere. Ma torniamo allo champagne, che si rivela alla fine il vero protagonista della serata: dopotutto è il solo colpevole dell'immorale comportamento dei protagonisti. Una gigantesca etichetta di Fledermaus Brut funge da sipario, e dopo l'intervallo il palcoscenico è cosparso di bottiglie, presumibilmente vuote. Il regista Stephen Lawless si affida alla naturale effervescenza dei protagonisti nel dirigere uno spettacolo fedele al testo, senza condiscendenza, ma mettendo in rilievo i tratti più forti di quella che è alla base una abrasiva satira sociale. Thomas Allen nei panni di Eisenstein fornisce una eccezionale performance, sia vocale che fisica, in particolare quando si unisce alla ballerine in un can-can degno della migliore tradizione parigina. Pamela Armstrong è una Rosalinde estremamente divertente, sensuale, ironica e passionale, ed il ruolo sembra tagliato su misura. L'Adele di Lyubov Petrova è vocalmente ineccepibile, sexy e spumeggiante, mentre Malena Erman è convincente nei panni del giovane Orlofsky. Hakan Hagegard nei panni di Falke, Par Lindskog in quelli meno comodi di Alfred, Arturn Korn come Frank ed infine il Frosch di Udo Samel completano un cast di altissimo livello. Il coro di Glyndebourne si muove con naturalezza nelle splendide scene di ispirazione jugendstil di Benoit Dugardyn, e lo spettacolo è arricchito dai costumi di Ingeborg Bernerth e dalle luci di Paul Pyant. Vladimir Jurowsky dirige con aplombe la London Philharmonic Orchestra, delineando con tratti sicuri una partitura ricca di verve, anche se occasionalmente con un tocco di imponenza che toglie alla leggerezza dei walzer viennesi. Ma questo Fledermaus è comunque una coppa di champagne dal perlage perfetto, e la notizia che un video della produzione è in programma per il prossimo anno non può essere ricevuta che con estremo piacere.
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