Firenze suona contemporanea 2
Barocco, elettricità, corpo
Recensione
classica
BAROCCO ELETTRICO
Ma che c’entrano una Fender Stratocaster, computer, midi controller, pedaliere varie, oggetti da usare sulle corde, con la ricerca sulla ricomposizione della musica barocca? Lucia D’Errico è la perfomer di Shadows from the Missing Centre per chitarra elettrica, progetto sperimentale zeppo di magie, incastri sorprendenti, inquietudini. La performance al Museo del Novecento, nel cartellone di Firenze Suona Contemporanea, risulta estremamente significativa non solo per il puro piacere dell’ascolto, ed è già tanto, ma anche perché ci racconta di una fascinosa costruzione progettuale. La D’Errico apre con Vampyr! pour guitare électrique (1984) di Tristan Murail. In questo modo mette subito in chiaro un punto di partenza irrinunciabile: l’esperienza spettralista francese. Murail, Grisey, Dufourt sono soprattutto loro i teorici di questa corrente dove si esplorano, con l’idea di “comporre suoni”, tutte le potenzialità dello spettro sonoro, che provengano da computer, oggetti o strumenti tradizionali poco importa, l’obiettivo è quello di sfruttarne tutte le possibilità udibili.
Vampyr! è un brano che ti intrappola, ti mette in un angolo con le sue linee spezzate, distorte, i sapori urbani acidi, notturni. Volumi alti, vibrazioni dure, onde che rimbalzano nello spazio. Giochi di prestigio sulla tastiera, accordi saturi. La chitarrista espone con maestria materiali non facili in una gestualità che rende l’esecuzione coerente, avvolgente. Con la conseguenzialità di una suite fa seguire poi il suo Solo meno uno (parte 1) che lei definisce «uno sguardo anamorfico verso un oggetto sonoro proveniente dal primo barocco...». Dal computer evaporano voci lontane in un pulviscolo freddo, cori inquietanti che poi si allontanano lasciando uno strascico di grovigli di suono rotolanti, ronzii sempre più lontani fino al silenzio. L’archetto sulle corde rovescia poi il senso strumentale della chitarra fino ad un finale dall’impatto travolgente.
Qui la D’Errico incastona, come una pietra preziosa, Trash TV Trance (2002) di Fausto Romitelli. Lavoro che esegue da anni senza mai cadere nella routine, anzi potenziandone i caratteri estremi come la trama compositiva. Condivide con il compositore goriziano la fascinazione per i suoni sintetici, artificiali, degradati, metallici, il rock psichedelico, la musica techno. Atmosfera allucinata che succhia energie dagli scritti di Michaux, i volti sfigurati di Bacon, le mutazioni di Cronenberg. Chiude Solo meno uno (parte 2) dove la chitarrista presenta passaggi più leggibili, cerchi concentrici, lunghi tunnel sonori. Labirinti colorati e ipnotici in una serata carica di indicazioni e prospettive sui percorsi della musica d’oggi.
IL SUONO, IL CORPO
“Aprire Venere”, evento che chiude, nell’incantevole spazio del Museo del Bargello, Firenze Suona Contemporanea 2015, nasce da un’idea di Luisa Valeria Carpignano, pianista e compositrice che condivide con Andrea Cavallari la direzione artistica della rassegna. Quattro compositrici chiamate a trovare un comune terreno di ricerca su due fronti: integrare la dimensione puramente musicale con un aspetto più aperto, performativo e multimediale, che coinvolga l’ascoltatore a superare il tradizionale ruolo fruitivo. Ambizioso, ma ancora di più lo è il tema: la pornografia. Sradicare questo termine dai suoi piani di significato, ridurlo all’essenziale, non solo attraverso lo stimolo musicale, l’esperienza uditiva ma anche con il movimento e la percezione del corpo, momenti comunicativi, rappresentazione scenica di un rapporto nuovo tra musicista/attore e ascoltatore. Sintesi tra desiderio e bellezza. Due rivoluzioni in una serata, forse troppo.
Senza titolo di Rosalba Quindici vede i cinque del FLAME (Florence Art Music Ensemble) arrivare, uno ad uno, come ombre silenziose di una cerimonia, nello spazio del concerto. I soffi della conchiglia evocano mitologie, il violino fatto vibrare dentro il pianoforte, i vari contributi percussivi creano un’atmosfera estraniante. Incipit affascinante che poi sfuma in Fünf Turme per violoncello solo, di Gabriele Cosmi, dai suoni gravi e densi, onde sonore che progressivamente, attraverso strati di prosciugamento, approdano ad un silenzio irreale. Con il supporto di un video b/n (passi, portoni, personaggi) Vento Noroeste per clarinetto basso, violino e violoncello di Michelle Agnes scorre una musica impastata di misteri che precede Le parole e le cose per pianoforte solo della Carpignano. Breve e ambiguo viaggio espressionista che tra citazioni e introspezioni ti lascia in bocca un sapore buono che avresti voluto approfondire di più. Riflessione appena abbozzata spazzata via da Intermezzo per violino e violoncello amplificati di Giulia Lorusso, lavoro interessante come ideazione ma troppo poco coraggioso nell’approfondire i percorsi, la radicalità di saturazioni e distorsioni. Il finale con Carnale per cinque performer di Alice Berni emblematicamente sottolinea, con le parole sussurrate, i manichini uomo/donna toccati, sfiorati, percossi, frammentarietà e fragilità del progetto, quanto la sincera capacità dei musicisti/attori di mettersi completamente in gioco.
Ma che c’entrano una Fender Stratocaster, computer, midi controller, pedaliere varie, oggetti da usare sulle corde, con la ricerca sulla ricomposizione della musica barocca? Lucia D’Errico è la perfomer di Shadows from the Missing Centre per chitarra elettrica, progetto sperimentale zeppo di magie, incastri sorprendenti, inquietudini. La performance al Museo del Novecento, nel cartellone di Firenze Suona Contemporanea, risulta estremamente significativa non solo per il puro piacere dell’ascolto, ed è già tanto, ma anche perché ci racconta di una fascinosa costruzione progettuale. La D’Errico apre con Vampyr! pour guitare électrique (1984) di Tristan Murail. In questo modo mette subito in chiaro un punto di partenza irrinunciabile: l’esperienza spettralista francese. Murail, Grisey, Dufourt sono soprattutto loro i teorici di questa corrente dove si esplorano, con l’idea di “comporre suoni”, tutte le potenzialità dello spettro sonoro, che provengano da computer, oggetti o strumenti tradizionali poco importa, l’obiettivo è quello di sfruttarne tutte le possibilità udibili.
Vampyr! è un brano che ti intrappola, ti mette in un angolo con le sue linee spezzate, distorte, i sapori urbani acidi, notturni. Volumi alti, vibrazioni dure, onde che rimbalzano nello spazio. Giochi di prestigio sulla tastiera, accordi saturi. La chitarrista espone con maestria materiali non facili in una gestualità che rende l’esecuzione coerente, avvolgente. Con la conseguenzialità di una suite fa seguire poi il suo Solo meno uno (parte 1) che lei definisce «uno sguardo anamorfico verso un oggetto sonoro proveniente dal primo barocco...». Dal computer evaporano voci lontane in un pulviscolo freddo, cori inquietanti che poi si allontanano lasciando uno strascico di grovigli di suono rotolanti, ronzii sempre più lontani fino al silenzio. L’archetto sulle corde rovescia poi il senso strumentale della chitarra fino ad un finale dall’impatto travolgente.
Qui la D’Errico incastona, come una pietra preziosa, Trash TV Trance (2002) di Fausto Romitelli. Lavoro che esegue da anni senza mai cadere nella routine, anzi potenziandone i caratteri estremi come la trama compositiva. Condivide con il compositore goriziano la fascinazione per i suoni sintetici, artificiali, degradati, metallici, il rock psichedelico, la musica techno. Atmosfera allucinata che succhia energie dagli scritti di Michaux, i volti sfigurati di Bacon, le mutazioni di Cronenberg. Chiude Solo meno uno (parte 2) dove la chitarrista presenta passaggi più leggibili, cerchi concentrici, lunghi tunnel sonori. Labirinti colorati e ipnotici in una serata carica di indicazioni e prospettive sui percorsi della musica d’oggi.
IL SUONO, IL CORPO
“Aprire Venere”, evento che chiude, nell’incantevole spazio del Museo del Bargello, Firenze Suona Contemporanea 2015, nasce da un’idea di Luisa Valeria Carpignano, pianista e compositrice che condivide con Andrea Cavallari la direzione artistica della rassegna. Quattro compositrici chiamate a trovare un comune terreno di ricerca su due fronti: integrare la dimensione puramente musicale con un aspetto più aperto, performativo e multimediale, che coinvolga l’ascoltatore a superare il tradizionale ruolo fruitivo. Ambizioso, ma ancora di più lo è il tema: la pornografia. Sradicare questo termine dai suoi piani di significato, ridurlo all’essenziale, non solo attraverso lo stimolo musicale, l’esperienza uditiva ma anche con il movimento e la percezione del corpo, momenti comunicativi, rappresentazione scenica di un rapporto nuovo tra musicista/attore e ascoltatore. Sintesi tra desiderio e bellezza. Due rivoluzioni in una serata, forse troppo.
Senza titolo di Rosalba Quindici vede i cinque del FLAME (Florence Art Music Ensemble) arrivare, uno ad uno, come ombre silenziose di una cerimonia, nello spazio del concerto. I soffi della conchiglia evocano mitologie, il violino fatto vibrare dentro il pianoforte, i vari contributi percussivi creano un’atmosfera estraniante. Incipit affascinante che poi sfuma in Fünf Turme per violoncello solo, di Gabriele Cosmi, dai suoni gravi e densi, onde sonore che progressivamente, attraverso strati di prosciugamento, approdano ad un silenzio irreale. Con il supporto di un video b/n (passi, portoni, personaggi) Vento Noroeste per clarinetto basso, violino e violoncello di Michelle Agnes scorre una musica impastata di misteri che precede Le parole e le cose per pianoforte solo della Carpignano. Breve e ambiguo viaggio espressionista che tra citazioni e introspezioni ti lascia in bocca un sapore buono che avresti voluto approfondire di più. Riflessione appena abbozzata spazzata via da Intermezzo per violino e violoncello amplificati di Giulia Lorusso, lavoro interessante come ideazione ma troppo poco coraggioso nell’approfondire i percorsi, la radicalità di saturazioni e distorsioni. Il finale con Carnale per cinque performer di Alice Berni emblematicamente sottolinea, con le parole sussurrate, i manichini uomo/donna toccati, sfiorati, percossi, frammentarietà e fragilità del progetto, quanto la sincera capacità dei musicisti/attori di mettersi completamente in gioco.
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