Due donne che la storia ha messo l'una contro l'altra, intrappolate in un luogo che racchiude e simboleggia in un solo spazio il palazzo, il paese, ma soprattutto la prigione simbolica rappresentata dal ruolo di regina per Elisabetta e, assieme, cella vera per Maria, fredda, spoglia, desolata. Questa la Maria Stuarda di Donizetti messa in scena al Teatro Valli di Reggio Emilia ad inaugurazione della stagione lirica 2002, nuovo allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro Donizetti di Bergamo. Il sipario si apre sulle due regine che si fronteggiano, girando attorno ad una grande grata sospesa, distorta, simbolo delle sbarre di una prigione che le separa ma che, nello stesso momento, le pone l'una di fronte all'altra, come in uno specchio cupo, reso opaco dal rancore. La scena resta immutata per tutta l'opera: a destra un muro grigio e freddo, a sinistra una spoglia impalcatura a due piani che accoglie il coro, immobile spettatore della vicenda. Al centro uno spazio inclinato, liscio, che diviene idealmente ora livida stanza del palazzo di Westminster, ora immagine stilizzata del parco di Fotheringay, ora evocazione del luogo del supplizio. In questo spazio si muovono i personaggi, tratteggiati in modo funzionale dalla regia di Francesco Esposito, che ha curato anche i costumi ispirati ad un vago passato e caratterizzati dai colori nero e rosso. Uno spazio-luogo univoco (scene Italo Grassi), insomma, che - nonostante gli sprazzi luminosi e le immagini in proiezione che emergevano di volta in volta dal fondo nero - ha trovato nella sua fissità il pregio e, assieme, il limite di una latente monotonia. Un'impostazione che ha spostato tutto il carico dinamico e drammaturgico verso il dato musicale, gestito con equilibrio da Fabrizio Maria Carminati alla guida dell'Orchestra stabile di Bergamo "Gaetano Donizetti" e del Coro del circuito lirico regionale milanese, preparato da Valentino Metti. Carminati si è indirizzato verso una lettura intensa, in cui gli equilibri timbrici sostanzialmente ben controllati rimanevano nel solco di un rispetto coerente ed efficace nei confronti della sezione vocale, emergendo puntualmente nei punti nevralgici della partitura. La parte vocale metteva, naturalmente, a confronto le due protagoniste femminili: Elisabetta interpretata da Sonia Ganassi, la cui annunciata indisposizione poco o nulla ha tolto ad una interpretazione intensa, vocalmente in linea con il carattere fiero e passionale del personaggio, e Maria Stuarda, resa dalla brava Carmela Remigio attraverso una vocalità corretta e controllata, stagliata in maniera personale ma efficace sul carattere timbrico di certe intense rispondenze interpretative. Sul versante maschile è emerso Riccardo Zanellato nei panni di Giorgio Talbot, la cui presenza scenica e vocale ha saputo restituire un profilo adeguato ad un personaggio che sovente rischia l'appiattimento, affiancato dal tenore Joseph Calleja, un Roberto dal timbro non sempre chiarissimo, bilanciato da un impegno interpretativo profuso a piene mani. Da citare, infine, Marzio Giossi, puntuale nella sua lettura di Cecil, e Cinzia Rizzone, una Anna adeguata. Alla fine, pubblico visibilmente soddisfatto e generoso di applausi rivolti a tutti gli artisti impegnati.
Note: nuovo all. Coproduzione Teatro Donizetti di Bergamo e I Teatri di Reggio Emilia
Interpreti: Remigio, Ganassi, Schneider, Giossi, Rizzone, Zanellato
Regia: Francesco Esposito
Scene: Italo Grassi
Costumi: Francesco Esposito
Orchestra: Orchestra Stabile di Bergamo "G. Donizetti"
Direttore: Maestro Concertatore e Direttore Francesco Maria Carminati
Coro: Coro del Circuito Lirico Regionale della Lombardia
Maestro Coro: Valentino Metti