Drammatica attualità a teatro

Buona accoglienza a Ferrara per la prima rappresentazione Italiana di La morte di Klinghoffer di John Adams. Partitura impegnativa, messa in scena attraverso una regia funzionale ed essenziale. Buon impegno degli interpreti vocali, tutti, però, con una tremenda pronuncia inglese. Bene l'Orchestra Città di Ferrata diretta con buon controllo da Webb. Calorosi applausi alla fine.

Recensione
classica
Teatro Comunale Ferrara
John Adams
20 Gennaio 2002
Salutata dai calorosi applausi del pubblico del Teatro Comunale di Ferrara, è andata in scena la prima rappresentazione italiana - in lingua originale con sopratitoli - di The death of Klinghoffer, miscela di oratorio e opera lirica in un prologo e due atti composta da John Adams su libretto di Alice Goodman. A più di dieci anni dalla prima assoluta, registrata a Bruxelles il 19 marzo del 1991, è dunque approdata anche nel nostro paese la lettura teatral-musicale della vicenda del sequestro della nave da crociera "Achille Lauro" avvenuta nel 1985 ad opera di un gruppo di terroristi palestinesi, in cui perse la vita il turista ebreo americano Leon Klinghoffer. Superfluo sottolineare quanto il contenuto dell'opera sia attuale, e quanto tocchi nervi sociali e politici ancora molto scoperti. Più opportuno appare, piuttosto, rilevare quanto quest'opera rappresenti pienamente l'estetica teatrale di uno dei più affermati compositori americani contemporanei. Dopo Nixon in China, infatti, Adams ribadisce con questo lavoro l'attitudine tesa a portare sul palcoscenico lirico vicende tratte dall'attualità, proponendone una lettura che ancora oggi rivela una significativa incisività emotiva. Va sottolineato, a scanso di equivoci, che non si tratta di un'opera minimalista, dove questo termine individua caratteri tecnici, strutturali ed estetici che hanno segnato una stagione musicale tipicamente americana la quale, fatta convenzionalmente iniziare nel 1964 con In C di Terry Riley, trova la più tipica realizzazione teatrale nell'Einstein on the beach di Philip Glass (1976), facendo parimenti registrare con questo titolo il sostanziale esaurimento della sua stagione più feconda. Rimangono, certo, ancora oggi i frutti di quell'esperienza, nei confronti dei quali lo stesso Adams attinge anche per la partitura di The death of Klinghoffer. In particolare, va rilevato il dato ritmico-reiterativo, elemento sicuramente fondante ma che non esaurisce in sé l'estetica minimalista. Ed è su questo parametro che Jonathan Webb, alla guida dell'Orchestra Città di Ferrara, ha basato un equilibrio interpretativo che ha restituito la tessitura musicale attraverso una lettura asciutta ed efficace. Una architettura sonora che, se da un lato mostra alcuni punti deboli nella tessitura vocale, dall'altro ribadisce il gusto orchestrale di Adams, in cui i riferimenti tonali tendono ad una pragmatica immediatezza comunicativa e, assieme, vengono attraversati da venature dissonanti e scarti ritmici (compresi timbri percussivi a generazione elettronica) misurati ma caratterizzanti. Vi è, inoltre, in questa partitura un certo gusto per il paradosso, rilevabile musicalmente, per esempio, nel momento che vede protagonista il personaggio della ballerina inglese - Damiana Pinti, interprete inoltre dei ruoli della nonna svizzera e della donna austriaca - straniante nel suo carattere grottesco. Il colore generale, comunque, rimane nei binari di una forte e seria drammaticità, che in questa occasione ha raggiunto punti di estrema intensità nel finale del primo atto, nel quale il Coro del Festival Verdi - preparato da Martino Faggiani - ha interpretato uno struggente "Coro della notte." Grande impegno anche per la compagine vocale (alla quale difettava la pronuncia del testo originale inglese), formata da Giampiero Ruggeri, un Comandante equilibrato, Filippo Morace nei duplici panni di Primo ufficiale e Rambo, Fernando Cordeiro Opa (Molqui), Gabriele Ribis (Mamud) e l'Omar di Sara Allegretta. E ancora Leon Klinghoffer interpretato da Roberto Abbondanza e Paola Pellicciari nei panni della moglie Marilyn. La regia - curata assieme a scene, costumi e luci da Denis Kiref - ha assecondato il carattere essenziale dell'aspetto musicale, stilizzando la nave in un'impalcatura di quattro piani metallici, rappresentanti i ponti dell'Achille Lauro, sfondo immobile nella prima parte dell'opera - sul quale alcuni pannelli restituivano tenui riflessi e filmati di guerra e distruzione - per poi ruotare su se stessa nel secondo tempo, quasi a presentarci il dramma a tuttotondo. Una messa in scena funzionale e rispettosa, insomma, che non ha rinunciato alla simbologia rappresentata della pietra scagliata all'inizio dell'opera da un bambino e riposta, alla fine, nella terra - simbolo, appunto, del dramma israelo-palestinese - dalla moglie di Klinghoffer. Come dire, chi è senza peccato...

Note: nuova produzione/prima rappresentazione assoluta per l'Italia

Interpreti: Ruggeri, Morace, Pinti, Cordeiro Opa, Ribis, Abbondanza, Allegretta, Pellicciari

Regia: Denis Krief

Scene: Denis Krief

Costumi: Denis Krief

Orchestra: Orchestra della Città di Ferrara

Direttore: Jonathan Webb

Coro: Coro del Festival Verdi

Maestro Coro: Martino Faggiani

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