David John Roche vince Dante 700
Serata finale a Prato con l'ottima direzione di Nima Keshavarzi
Con il concerto di ieri 1° ottobre al Teatro Politeama di Prato si è concluso nella maniera migliore, e con un grande tributo d’affetto da parte del pubblico, il progetto “Dante 700” di cui avevamo già dato notizia sul GdM. Un progetto nato dalla collaborazione di due giovani orchestre presenti e operanti sul territorio, la Camerata Strumentale “Città di Prato” e l’orchestra La Filharmonie, che si sono unite per questa serata finale, presentata dal direttore artistico della Camerata di Prato, Alberto Batisti, che ha visto l’esecuzione, molto ben diretta da Nima Keshavarzi, direttore della Filharmonie (che ha sede nel Teatro Dante – Carlo Monni di Campi Bisenzio), delle tre partiture selezionate dalla giuria, presieduta dal compositore svedese Anders Hillborg (gli altri membri della giuria erano Silvia Colasanti, Mauro Montalbetti, Giovanni Sollima, Jonathan Webb, Alberto Batisti e Paolo Cognetti) del concorso internazionale di composizione sinfonica dedicato a Dante nel settimo centenario della morte, evento clou al centro di un progetto di più ampio respiro comprendente incontri, conferenze, trasmissioni radiofoniche che continueranno fino alla fine dell’anno, e concerti, fra cui ricordiamo almeno quello assai pregevole tenutosi il Conservatorio “Cherubini” di Firenze, “Il Dante di Liszt” affidato a Mariangela Vacatello, pianoforte, e Adriano Falcioni, organo. Dopo l’esecuzione delle tre partiture, Dantesca dell’italiano Matteo Rubini, Nachbild del tedesco Steven Heelein e The Waves I ride have never yet been crossed dell’inglese David John Roche, la giuria ha deliberato di assegnare a quest’ultimo la vittoria e i premi connessi, ossia un premio di 5000 € offerto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e la pubblicazione della partitura nella collana Stilnovo della Curci. Il CIDIM provvederà inoltre alla produzione e distribuzione internazionale alla rete degli Istituti Italiani di Cultura del video del concerto, con l'esecuzione delle tre partiture finaliste.
Tre partiture brevi (entro i quindici minuti), che, in effetti, si sono rivelate tutte e tre di ottimo livello compositivo, e di cui ci ha colpito in modo particolare la franca, calorosa e competente appropriazione dello strumento orchestra sinfonica, del sinfonismo in tutti i suoi colori, potenzialità e varietà linguistiche. Si trattava infatti di tre pezzi molto diversi. Dantesca, di Rubini, ci è sembrata una pagina immaginifica e intrisa di un ricco retaggio sinfonico dalle molte matrici, condotta con sicurezza sul piano narrativo, quasi in una sorta di ritrovato poema sinfonico, dai turbini dell’Inferno alle molli fluttuazioni triadiche delle sfere del Paradiso. Nachbild di Heelein ci è parso il pezzo più volutamente “difficile”, a tratti spettrale, più vicino alle ricerche del Novecento storico e recente, perché difficile ne era l’assunto, il “ciò che resta” dell’ultima, problematica, evanescente visione, quella del mistero della Trinità, e infatti questa peculiare immagine fondante della partitura era avvalorata, alla fine del pezzo, dal canto di una voce fuoriscena (il mezzosoprano Antonia Fino) della terzina Paradiso XXXIII 58-61, qual’è colui che sognando vede / che dopo ‘l sogno la passione impressa / rimane, e l’altro alla mente non riede. Infine, The Waves I ride have never yet been crossed di Roche, la partitura vincitrice, richiama con grande vivezza e freschezza, in un linguaggio neotonale ricco di estro e di un melodizzare mai banale, la metafora dantesca della navigazione (pensiamo all’incipit del Purgatorio), forse l’ultimo viaggio di Ulisse, ma anche i mari di Melville e Britten, ai cui Interludi del Mare la pagina ci ha fatto talvolta pensare. Molto pubblico e moltissimo successo.
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