Da Wagner a Sciarrino
Palermo: il compositore con l'Orchestra Sinfonica Siciliana
La stagione 2018-19 dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, sotto la direzione artistica di Marcello Panni, ha indubbiamente segnato un cospicuo rilancio dell’istituzione: il direttore e compositore romano, che ha vissuto in prima persona l’effervescenza modernista e sperimentale della Palermo di cinquant’anni fa, ha puntato proprio sulle sedimentate doti del complesso nel leggere e affrontare musica del Novecento (e di tutto il secolo, non solo della sua prima metà). Quasi ogni concerto del cartellone ha dunque annoverato uno o più lavori dell’ultimo secolo, alcuni dei quali commissionati e proposti in prima assoluta; negli scorsi mesi hanno spiccato, in particolare, le esecuzioni di Punkte di Stockhausen e dei Canti di vita e d’amore sul ponte di Hiroshima: abbiamo avuto la fortuna di poterli ascoltare, peraltro diretti in modo egregio da Maxime Pascal e Marco Angius rispettivamente, una fortuna anche perché nel capoluogo siciliano non venivano suonati proprio dalle storiche esecuzioni delle Settimane Internazionali Nuova Musica negli anni ’60, e non mi stupirei di scoprire che quelle potrebbero essere state le ultime – o quasi – in Italia da allora fino a questa circostanza.
Coronamento di tale linea programmatica, l’appuntamento monografico dedicato a Salvatore Sciarrino ha impaginato una novità assoluta e lavori già consegnati a una buona conoscenza concertistica e discografica. La grande novità è stata perciò rappresentata dal ritorno alla direzione di Sciarrino, un tempo spesso sul podio in programmi comprendenti suoi lavori, prima di tralasciare tale attività.
Il brano battezzato in quest’occasione, Rispondono, a chi? (melodie circolari da Wagner), ha in realtà a che fare con Palermo: una monodia composta da Wagner durante un suo non breve soggiorno a Palermo ne è sostanza melodica principale, con l’innesto di due altri frammenti wagneriani, un abbozzo vergato su un biglietto da visita nello stesso soggiorno e un Albumblatt post-Parsifal; la scomposizione di quella melodia infinita in articolazioni interne e la sua ricomposizione in una più ampia gittata di persistenze sposta l’operazione compositiva ben al di là del limitante concetto di orchestrazione, in un dominio in cui colori e densità strumentali, analisi e aggregazione di nuove finestre sonore, plasmano una forma del tutto autonoma. Una simile convoluzione – modulazione e trasformazione reciproca – tra un brano preesistente (il terzo delle Nouvelles Ėtudes di Chopin) e un testo-melodia (quindi una ‘canzone’) da Superflumina, anima Come se un amico (canzone da Chopin), con il definirsi progressivo e prevalente dei contorni del lavoro chopiniano. D’altronde, neppure la versione sinfonica che Sciarrino ha fatto di Sposaliziodi Liszt può considerarsi una mera orchestrazione, quanto piuttosto una lettura delle sue nervature formali attraverso i colori sinfonici.
Efebo con radio è certamente tra le opere più note di Sciarrino, e sempre un’esperienza d’ascolto folgorante: il medium radiofonico è qui tematizzato sia come materiale sia come forma (sopra uno sfondo di suono-rumore, appaiono galleggiano e svaniscono lacerti materializzati da un’immaginaria manopola di sintonia), prima che l’apparizione finale faccia slittare entro un ulteriore specchio la posizione percettiva; la manipolazione visionaria dell’ascolto è in realtà il tema sottostante, e si lega all’intero , personale percorso compositivo dell’autore. A chiudere, la raccolta di Nove canzoni del XX secolo elaborate per voce e orchestra; la forma-canzone – una forma insieme strutturale, sociale e psicagogico-memoriale – è per Sciarrino un oggetto insieme lieve e serissimo, leggendone questa sua magnifica definizione coerente con l’idea della vanitas: «Le canzoni, sul piano della musica, rappresentano un po’ l’equivalente dei fiori: belle, sì, ma effimere. Mai potrà la musica colta, con la sua pretesa di universalità, dare il senso di morte che una composizione leggera trasuda. Con modi garbati, nella sua massima stilizzazione, questa si offre, non ha pretese; ma di fronte all’eternità proclamata da un’ingannevole sinfonia, la canzone coglie un istante che smaschera la fragilità dell’uomo. […]» Le strategie di elaborazione compositiva sono perciò le medesime già osservate nei brani già descritti, con un sovrappiù del cortocircuito tra coinvolta osservazione e lucida nostalgia, e un tragitto ciclico giocato sul percorso timbrico a ritroso (dal pianoforte all’orchestra e ritorno) nei due movimenti esterni.
Il soprano Livia Rado ha fatto il suo, anche se l’acustica del Politeama, ottima in cima per l’auscultazione dei colori sinfonici, ha penalizzato una ridotta profondità di emissione dovuta a fattori episodici. L’Orchestra Sinfonica Siciliana ha risposto tutto sommato bene alle sollecitazioni di Sciarrino, ed è stata calorosamente applaudita dal pubblico insieme a solista e compositore-direttore. Per chi vorrà, il concerto potrà essere riascoltato al Maggio Musicale Fiorentino in corso (27.5.2019): ulteriore indizio del ritorno dell’Orchestra sotto un cono d’attenzione artistica nazionale; ed è auspicio che vi rimanga.
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