Da Spoleto un Omaggio all'Italia

Il Teatro Lirico Sperimentale propone Eine kleine Musik 2020

Recensione
classica
Spoleto, Teatro Lirico Sperimentale,
Eine kleine Musik 2020 – Omaggio all’Italia
07 Agosto 2020 - 08 Agosto 2020

Il Lirico Sperimentale di Spoleto ha ultimato l’annuale selezione-concorso delle voci per l’attività programmata appena in tempo, prima del lockdown, per far partire la preparazione vocale a distanza e preservando i contenuti dello spettacolo che ha inaugurato lo scorso week-end il cartellone 2020. Inevitabilmente, del titolo originale di teatro musicale da camera – La gita in campagna di Mario Peragallo – non si è potuta ascoltare la veste orchestrale: i cantanti-personaggi sono stati sostenuti dal solo pianoforte, e anche la regia ha dovuto ingegnarsi in soluzioni adatte alle circostanze; cavandosela in modo egregio, come nell’unico momento – il bacio rubato da Mario alla fintamente recalcitrante Ornella – in cui l’azione avrebbe implicato la prossimità fisica. I due – fidanzati? amanti? – invece amoreggiano attraverso le proprie ombre, grazie all’uso sapiente delle luci; e analogamente sono risolti elementi scenici di rilievo (miniaturizzati in concreto, ma portati dalle ombre a grandezza naturale), su tutti l’automobile di lusso che alla prima scaligera del 1954, col suo campeggiare a centro palco, aveva costituito uno dei motivi di prurigine per il pubblico. Ed era dopotutto un simbolo di pronta efficacia teatrale, col quale ridurre a emblema il tema satirico del racconto-apologo di Alberto Moravia, soggetto del breve atto unico: Mario è un benestante con velleità intellettuali, incapace di vedere il ‘popolo’ altrimenti da un oggetto interessante quanto sostanzialmente distante; allorché il guasto della macchina fa incappare la coppia in una famiglia rurale di disperati e ladri per necessità, capeggiata da una sorta di madre-coraggio (Leonia), lei viene alleggerita e lui rimane in mutande. Il lavoro di Peragallo, che ebbe anche una movimentata replica romana qualche anno dopo, è dopotutto organico a quella stagione di teatro musicale grottesco, sbocciata in Italia nel secondo dopoguerra quale via mediatrice tra un aggiornamento più o meno cauto del linguaggio e una rilucidatura modernista di drammaturgie interpersonali. L’interesse aggiuntivo, nella partitura di Peragallo, è fornito dal diffuso impiego di materiali ricoprenti il totale cromatico: è una dodecafonia (allora ancora in odor di eresia) tematica, discorsiva, malleabile, che aggiunge sapidità all’idioma espressivo ma – dopotutto – non lo problematizza più di tanto. Resta il merito indubbio del TLS nel riproporre dopo decenni un titolo comunque di riferimento storico, merito esteso all’équipe scenica (capeggiata dal regista Giorgio Bongiovanni, ma tutti han dovuto lavorare fatalmente di squadra) e al solido e ben preparato cast: Giorgia Teodoro (Ornella), Andrea Vincenti (Mario),Magdalena Urbanowicz (Leonia) nei ruoli principali, più AlanStarovoitov, Silvia Alice Gianolla, Vittoria Magnarello, Yulia Merkudinova; bravissimo e sempre fluido Davide Finotti al pianoforte.

Nella prima parte di serata, ha fatto da pendant un patchwork tra canzoni del repertorio di Laura Betti intorno al 1960, e una ‘riduzione’ in forma di lettura recitata a più voci di Un marziano a Roma di Flaiano: uno spunto intrigante, in chiave storico-critica, per osservare quanto le arti della performance in quegli anni pre-contestatari rimettessero già in questione alcuni modelli e alcune partizioni di genere, qui soprattutto la tradizionale separazione alto/basso vigente nella canzone; erano d’altronde gli anni del Cantacronache, della ricezione italiana del song alla Brecht-Weill e della nascita di un cabaret nostrano. Ne è venuto fuori appunto un cabaret narrativo, che ha visto campeggiare le doti di presenza scenico-vocale (e di buon controllo anche della parola recitata) del soprano Chiara Boccabella.

Pubblico commisurato alla vigente normativa sui posti attrezzabili in uno spazio raccolto come il Caio Melisso, ma convintamente plaudente alla fine.

 

 

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