Cuori nella palude

Catania inaugura la stagione con ‘La straniera’ di Bellini (prima versione)

Recensione
classica
Teatro Massimo V. Bellini Catania
Vincenzo Bellini
21 Gennaio 2017
Per la prima delle opere pienamente ‘romantiche’ e insieme progressive – nel ripensamento e superamento degli stilemi belcantistici – di Bellini, la regia di Andrea Cigni assembla spazi-segni allusivi all’ambientazione lacustre di una delle scene centrali (l’equivoco e quindi il conflitto tra Arturo e Valdemburgo/Alaide): il lago è piuttosto una labirintica palude, nella quale i personaggi-vittime delle circostanze sovrastanti arrancano e rimangono infine tragicamente risucchiati. Di segni scenici ne vengono proposti altri ancora, con profusione e citazionismo post-moderni (non si tratta forse di ‘modernità liquida’?...): alcuni – per es. lo specchio svobodiano – riescono ad ingranare col resto, altri risultano gratuiti ed esornativi. Chissà se le defaillance in serie nel cast femminile son dipese dai piedi a mollo nella vasca scenica; per salvare lo spettacolo inaugurale, la produzione ha compiuto una scelta di estrema prudenza: il personaggio d’Isoletta è stato cantato (bene) in buca da Sonia Fortunato, ingaggiata a prove concluse, mentre in scena agiva un suo doppio mimico (Nicol Oddo). Benissimo ha saputo fare Francesca Tiburzi, in termini di fraseggio e d’espressione, e soprattutto nelle fasi in cui il lirico-patetico s’incontrava col drammatico. Positiva la prova del cast maschile (D’Aguanno, Marrucci, Palazzo, Vargetto, Muscolino) nel suo complesso: anche se ciascuno ha mostrato doti e limiti, e il peso o il carattere delle parti non è identico, tutti si son calati al meglio e con generosità nello spirito dialogico di questa notevole drammaturgia belliniana. L’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo Bellini sono stati ben guidati da Sebastiano Rolli, e han messo in luce la qualità di prime parti inappuntabili in alcuni cospicui soli (l’arpa e il primo flauto).

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