Christie per Rameau
A Parigi nuova produzione de Les Fêtes d’Hébé di Rameau per la regia di Robert Carsen, sul podio incanta l’ottantenne William Christie alla guida de Les Arts Florissants
Un’esecuzione musicale splendida, ma qualche perplessità sulla messa in scena di Robert Carsen anche se sempre molto godibile e ricca di creatività. Non era impresa facile allestire oggi una nuova produzione delle Fêtes d’Hébé, che Jean Philippe Rameau ha creato nel 1739, per l'Académie Royale de Musique, sotto forma di opèra-ballet in un prologo e tre quadri, a partire da un libretto che è quasi solo un pretesto per musica e danza, e che mette insieme tante storie diverse di dei e miti. Carsen ha creato quattro differenti situazioni con labile filo conduttore, la presenza di Hébe, dea della giovinezza, coppiera delll’Olimpo che abbandona per rifugiarsi sulle rive, definite più gradevoli, della Senna. Nella versione di Carsen la scena si apre all’Eliseo, novello Olimpo, ad un ricevimento del presidente Emmanuel Macron, ed Hébé non è una dea ma una cameriera maldestra che rovescia del vino rosso sul vestito immacolato di Brigitte e viene quindi cacciata. Lo stacco tra le parole che si ascoltano e quello che si vede è stavolta molto ampio, l’impressione non è solo di attualizzazione perché l’onnipresente nuova scherzosa ironia e i tanti riferimenti all’attualità che pervadono prologo e quadri, pur di fine intelligenza, aggiungono un altro racconto e creano un sovratesto, un altro piano di fruizione più legato alla parola, che altera l’originale equilibrio tra musica e danza con labile libretto a tutto detrimento della danza. Anche se Carsen ha mantenuto il suo ruolo fondamentale, avvalendosi delle coreografie di stile contemporaneo e di strada di Nicolas Paul, ma che finiscono per passare in secondo piano. Grazie all’intervento dell’Amore, presentato come una influencer che non fa altro che fotografare/rsi e filmare, Hébé si rifugia quindi, in bicicletta, lungo la Senna, e come fotografa assiste a tre diverse situazioni: in una finta spiaggia estiva con le caratteristiche palme in vaso e le sdraio a tessuto a strisce; in un matrimonio a bordo Senna dove lo sposo è un calciatore, il calcio invece della guerra, e quelle con gli atleti sono tra le danze visivamente più riuscite; infine, in locale all’aperto con Mercurio trasformato in disc jockey che arriva in moto nella sua baracchina. Nei tre contesti, si celebra in ciascuno un differente talento - poesia, musica e danza – in spettacoli in cui si mette in mostra il potere della giovinezza sui cuori, per conquistare l’amore, soprtautto quando combinato con un talento lirico. Scenografie e costumi sono di Gideon Davey, già per altri due lavori collaboratore di Carsen e se le storie non sono sempre chiare, sono sempre belle a vedersi. Ma Hébé, di solito ornata di fiori, qui invece vestita tutta di nero, lascia pure un po’ perplessi. La collaborazione è ancora più lunga tra Carsen ed il direttore d’orchestra Willim Christie, questa è l’undicesima volta che i due lavorano insieme. Carsen festeggia il suo 80esimo compleanno proprio il 19 dicembre di quest’anno e con spirito giovanissimo si presenta, con calzini rossi, a dirigere una composizione che è una celebrazione della gioia di vivere, con una partitura al servizio di tutti i possibili stili di danza di allora, della la Versailles di Luigi XV, dai minuetti, alla contradanza alle sarabande. Lo fa con tocco leggero, solo piccoli accenni di direzione, ma basta ai musicisti e coristi de Les Arts Florissants, ensemble che William Christie ha fondato nel 1979 proprio per restituire vitalità e freschezza al repertorio barocco, e lo sanno fare benissimo. Il suono è compatto, nitido, brillante, vivo e nervoso, i diversi ritmi e le invenzioni chiarissime, la raffinatezza di scrittura Rameau e l’energia vitale che la pervade è palpabile. Quanto agli interpreti vocali, sono tutti bravi, e a cantare quanto a danzare, la maggior parte ha più ruoli. Protagonista dei tre quadri è il mezzosoprano Lea Desandre che è la scrittrice Sapho, poi la promessa sposa Iphise, poi ancora la ballerina Eglé , ed i tre diversi ruoli le consentono di mostrare tutta la sua versatilità, bravura tecnica e maturità interpretativa, malgrado la giovane età. Il soprano Emmanuelle de Negri è l’iniziale protagonista nel prologo quando interpreta Hébé, ma poi diventa solo un filo conduttore, ed è anche La Naiade che esce dalle acque della Senna ricoperta di alghe. Nel finale poi è anche indiscusso protagonista Marc Mauillon, cantante dal timbro molto bello e personale, voce tra tenorile e baritonale, che se nel prologo è Momus che fa da spalla a Hébé poi conquista la sala con il suo affascinante Mercurei. Una buona prestazione anche quella del soprano portoghese Ana Veira Leite che, di lungo rosso vestita, interpreta l’appariscente Amore e altre due più piccole parti, e si fa notare anche il baritono Renato Dolcini come Hymas e poi Tirtée Tanti i ruoli, tanti i cantanti, altrettanti i ballerini pure tutti bravissimi.
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