Chailly per Abbado
Scala: successo per la Messa da Requiem di Verdi
Recensione
classica
Qualche preoccupazione alla vigilia di questo Requiem in memoria di Claudio Abbado di certo c'è stata, perché Jonas Kaufmann ha disdetto la sua presenza la sera del 30 settembre per indisposizione, il previsto sostituto ha dichiarato forfait alle tre di notte e solo il due ottobre, grazie al Covent Garden dov'è impegnato con Idomeneo, è arrivato il bravo Matthew Polenzani. Come non bastasse anche Anja Harteros si è presentata all'ultimo per aver perso borsetta, carte di credito e documenti. Comunque il cast si è ricompattato e tutto ha funzionato a meraviglia, Elina Garanca in forma smagliante (così come Harteros e Polenzani), Ildebrando D'Arcangelo sempre di gran classe pur non nelle sue serate migliori. La vera forza dell'esecuzione è venuta dalla forte intesa fra il coro, diretto da Bruno Casoni (da sempre una solida e continuativa certezza per la Scala) e Riccardo Chailly. Il coro è capace di dinamiche impressionanti, dai sussurri lievissimi da dove si sprigionano sibilanti taglienti a vere e proprie grida di terrore; ammirevole poi la capacità di chiudere sempre le frasi senza la più piccola sbavatura. La lettura di Chailly, che ha già diretto il Requiem in una quindicina di edizioni diverse, non è stata una sorpresa perché, perfettamente assecondato dall'orchestra, ha fatto affiorare quanto forse lo stesso Verdi non sapeva di sé, la paura della fine. Soprattutto il senso di smarrimento e di sospensione di fronte all'ignoto, tradotto con sonorità cupe e materiche.
Al termine Chailly si è chiuso in raccoglimento tenendo la bacchetta a due mani davanti al volto, in sala un lungo silenzio, poi applausi a non finire. In tutta franchezza, difficile capire se tanta emozione abbia significato per il pubblico anche un omaggio a Claudio Abbado. Forse due parole prima del concerto, o del maestro o del sovrintendente Pereira, non sarebbero state fuori posto.
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