Cardillac tra espressionismo e costruttivismo

In scena a Vienna un convincente allestimento, firmato Bechtholf, del capolavoro di Hindemith

Cardillac (Foto  Wiener Staatsoper / Michael Pöhn)
Cardillac (Foto Wiener Staatsoper / Michael Pöhn)
Recensione
classica
Staatsoper, Vienna
Cardillac
02 Novembre 2022 - 13 Novembre 2022

La Staatsoper di Vienna riporta subito sulla scena un nuovo e bell’allestimento – firmato da Sven-Eric Bechtholf – di Cardillac, lavoro-chiave (1926 nella prima versione, quella utilizzata a Vienna) di Paul Hindemith. I fulminei atti unici hindemithiani degli anni precedenti danno spazio qui a un impianto drammatico più articolato, senza perciò rinunciare al graffio espressionista, sia sul piano del soggetto (il libretto di Ferdinand Lion è tratto da uno dei racconti più visionari di Hoffmann), sia sul piano del linguaggio musicale, pieno di spigoli soprattutto armonici; l’ambientazione sei-settecentesca stimola peraltro un dialogo con soluzioni formali e condotte contrappuntistiche che Hindemith ha sempre coltivato, ma che in Cardillac è innervato di un’energia metamorfica trasfigurante. Le scenografie di Rolf Glittenberg rimandano assai chiaramente alla deformazione espressionista della ‘grande città’; così, il motivo narrativo della folla anonima ma tremenda o tremante, che domina la magnifica scena d’apertura nel primo atto, si rinsalda benissimo alla scelta figurativa. I costumi di Marianne Glittenberg sono una convoluzione di tratti barocchi, ottocentesco-borghesi (in particolare nei copricapo) e contemporanei, in un’efficace attualizzazione delle questioni sociologiche poste dal testo, rinforzate dalla gestualità richiesta da Bechtolf ad alcuni figuranti: gli aiutanti del Capo dei Prevosti, ad esempio, infilano transitoriamente nella loro gesticolazione meccanica – una prossemica da automa è imposta anche alla Figlia di Cardillac, imparentata così a un altro personaggio operistico hoffmaniano, Olympia – posture degli arti superiori da saluto nazista, alludendo così al controllo delle folle massificate, alla manipolazione di paure e nevrosi collettive di fronte a un supposto crimine. Certo, altri temi attuali sottesi al soggetto – l’isolamento e l’incomprensione sociale dell’artista, la problematicità del rapporto con la ‘sua’ opera – restano in sordina, parendo anzi la partitura di Hindemith quasi un loro esorcismo, nella sua sintesi di nitidezza e incisività.

La qualità dei cast di opere novecentesche, nel massimo teatro operistico viennese, non smentisce i consueti standard elevati, qualunque sia l’esecutore di turno: tutti assai bravi (Vera-Lotte Boecker, Wolfgang Bankl, Daniel Jenz, Stephanie Houtzeel, Evgeny Solodovnikov) anche nei movimenti attoriali, ma una nota di merito specifica va spesa per i due protagonisti maschili, Thomas Konieczny quale Cardillac, e Gerhard Siegel quale Ufficiale (e pretendente della di lui Figlia), scolpiti e quasi titanici, eppure oggettivati e perfino epicizzati, nella loro resa interpretativa. Cornelius Meister ha diretto non solo con solidità, ma pure con lodevole ricerca degli impasti timbrici e dei contrasti di densità e colore orchestrali (assai meno neoclassici di quanto si possa pensare), le Orchestre – anche quella dietro il palco – della Wiener Staatsoper; veramente strabiliante il Coro, che ha conferito ai suoi interventi, sin dalla straordinaria scena iniziale, un notevolissimo altorilievo sonoro e drammatico.

Il pubblico ha applaudito con grande generosità e convinzione, forse non abbastanza a lungo quanto la performance avrebbe meritato; resta il fatto che la sala teatrale era piena in ogni ordine di posti.

 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

L'opera corale al Valli di Reggio Emilia

classica

Napoli: l’Ensemble Mare Nostrum sotto la direzione di Andrea De Carlo e con il soprano Silvia Frigato 

classica

Ad Amsterdam Romeo Castellucci mette in scena “Le lacrime di Eros” su un’antologia di musiche del tardo rinascimento scelte da Raphaël Pichon per l’ensemble Pygmalion