A Venezia il Weill degli esordi
La Fondazione del Teatro La Fenice presenta un nuovo allestimento al Teatro Malibran di “Der Protagonist”, la prima opera di Kurt Weill

Sul palcoscenico del Teatro Malibran arriva un’autentica rarità e non solo per i teatri italiani: Der Protagonist di Kurt Weill, prima opera del ventiseienne compositore, adattata dall’omonimo lavoro per il teatro di Georg Kaiser, suo nuovo mentore artistico dopo la perdita del maestro Ferruccio Busoni nel 1924.
L’ambientazione è nell’Inghilterra di epoca elisabettiana. Una compagnia di giro guidata da un capocomico, il Protagonista, giunge in una locanda di campagna dove intende allestire una rappresentazione per un aristocratico locale, un duca (invisibile nell’opera). Oltre ai teatranti, giunge anche la sorella del capocomico, che, all’insaputa del morboso fratello, intrattiene una relazione amorosa con un giovane uomo. Un servitore del duca sollecita un intrattenimento leggero alla compagnia per il suo padrone. In una pantomima, il Protagonista e gli altri attori provano una farsa nella quale un marito si intrattiene con una giovane amante mentre la moglie si trastulla con un frate. A prova terminata, la sorella informa il Protagonista sull’esistenza dell’amante, che il fratello chiede di incontrare. Riappare il servitore chiedendo di cambiare il tono della rappresentazione poiché un vescovo sarà ospite del duca. In una seconda pantomima, il marito geloso scopre il tradimento della moglie, che vuole quindi uccidere. Quando la sorella entra per presentare l’amante al fratello, il Protagonista la pugnala in un impeto di pazzia. Gli altri attori chiamano aiuto, ma il Protagonista chiede al servitore del duca protezione fino alla fine della recita così che il duca possa ammirare la sua grande prova di attore nella scena di follia.
In questo lavoro convivono influenze molto diverse, dalla straussiana Ariadne auf Naxos al femminicidio de I pagliacci ma anche la follia teatralizzata dell’Enrico IV pirandelliano, ma si respirano soprattutto le atmosfere esaltate tipiche dell’espressionismo trionfante negli anni ruggenti della Berlino weimariana. La scrittura musicale di Weill è già molto matura ed estremamente varia, più vicina alla forma operistica che a quella più caratteristica del teatro con canzoni in arrivo due anni dopo con la celebre Dreigroschenoper e più tardi con Der Silbersee ancora su testo di Kaiser. Una varietà che la direzione febbrile di Markus Stenz fa risaltare in tutta la sua esuberanza grazie all’ottimo lavoro di concertazione sugli ottimi strumentisti dell’Orchestra del Teatro La Fenice, che presta uno scintillante ottetto di fiati per accompagnare le prove degli attori sulla scena. Molto riuscito anche l’equilibrio fra orchestra e le voci in palcoscenico sollecitate dalla scrittura di Weill a tessiture non agevoli, specialmente per i ruoli del Protagonista Matthias Koziorowski, che nasconde appena più di una forzatura nell’impossibile registro acuto, e della sorella Martina Welschenbach, emotivamente intensa e vocalmente svettante. Ben disegnati i ruoli dell’oste di Zachary Altman, il servitore del duca di Alexander Geller e l’amante di Dean Murphy. Molto ben caratterizzata anche la piccola compagnia di teatranti al seguito del Protagonista, che sono Szymon Chojnacki, Matteo Ferrara e Franko Klisović.
Lo spettacolo porta la firma di Ezio Toffolutti per regia, scene, costumi e luci, che si limita a illustrare la vicenda senza particolari invenzioni. Unica licenza: lo slittamento dall’epoca vittoriana agli anni di Weill e Kaiser per i costumi – tranne che nelle due pantomime, che rimandano all’epoca del Bardo dell’Avon, omaggiato anche nel grande ritratto sul sipario a inizio spettacolo. Qualche taglio di luce espressionista strizza l’occhio al cinema degli anni di Weimar ma tutto il resto rimane nel rassicurante recinto della didascalia.
Pubblico piuttosto numeroso per questo interessante recupero. Caldi applausi.
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