Il Quartetto Kandinsky tra Rinascimento e Novecento
L’ultimo appuntamento della stagione 2025 del Circolo di Ave

Ritornare all’intimità e al raccoglimento dei primi luoghi di ascolto della musica da camera: questo l’intento del Circolo di Ave, l’associazione concertistica nata a Fermo nel 2019 per volontà di Anna e Paola Danielli, che nel salone della musica del seicentesco Palazzo Brancadoro, sotto le volte affrescate, hanno voluto ricreare l’atmosfera raccolta e raffinata della prassi esecutiva di altri tempi rivivendo l’intimità della Salonmusik, lontana dal clamore delle grandi sale da concerto, in omaggio alla nonna Ave, pianista.
L’ultimo appuntamento della stagione 2025, che ha accolto alcuni concerti anche al Teatro dell’Aquila di Fermo, ha visto protagonista il Quartetto Kandinsky, una delle eccellenze del panorama quartettistico contemporaneo, composto dai talentuosissimi Hannah Kandinsky, violino, Israel Gutiérrez, violino, Ignazio Alayza, viola, e Antonio Gervilla Díaz, violoncello.
Il concerto, che ha spaziato su repertori di diverse epoche e stili, si è aperto con un raro brano di Henry Purcell, la Fantasia n.11 in sol maggiore Z.742, appartenente ad un corpus di Fantasie per consort di quattro viole da gamba composto nel 1680 e riscoperto nel 1927, ed è proseguito con il bellissimo Quartetto KV 387 “Primavera”, di Mozart, il primo dei sei dedicati ad Haydn, di cui i quattro musicisti (ma in realtà un corpo unico fatto da quattro anime, uno “strumento a 16 corde” come ha raccontato al pubblico Alayza) hanno dato una interpretazione straordinaria, dove la cura di ogni particolare -singole frasi, singoli motivi, singoli suoni- l’espressività dei temi, il dialogo serrato del fugato nel quarto tempo, hanno trasformato, viene da dire, il discorso musicale in espressione di variegati umori e guizzi emotivi, vero rispecchiamento dell’interiorità umana.
Ha aperto la seconda parte del programma un’altra rarità musicale, la trascrizione del madrigale “Harto de tanta porfia” tratto dal Cancionero de Palacio, CMP 26/Bar.19, manoscritto di musica rinascimentale compilato tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento e oggi conservato alla Biblioteca Reale di Madrid, comprendente 458 brani vocali di vari autori in spagnolo, galiziano e francese, non lontano come stile di scrittura da quello dei Corali di Bach, sui quali il Quartetto è solito riscaldarsi per ritrovare l’assetto dopo periodi di lontananza.
Ha concluso il programma il Quartetto in fa maggiore, M. 35 di Maurice Ravel (1875-1937) dedicato a Gabriel Fauré e terminato nel 1903, dieci anni dopo il Quartetto op. 10 di Debussy, di cui si pone come ideale proseguo, anche se le influenze dello spagnolismo sono evidenti e i bellissimi e a volte struggenti temi musicali sono affiancati da molti effetti sonori originali, tra pizzicati e tremoli. Inutile dire che anche in questo repertorio il Quartetto Kandinsky ha dato delle interpretazioni eccellenti per espressività, intelligenza del fraseggio, varietà del timbro, cura di ogni minimo dettaglio sonoro e ricchezza di inflessioni, in una comunione di intenti straordinaria tra i quattro musicisti.
Il bis è stato dedicato al loro compositore del cuore, Šostakóvič, di cui sono state eseguite una magica Elegia ed una sfrenata Polka. Il tutto esaltato dalla splendida acustica del salone di palazzo Brancadoro, che fa parte della rete delle Dimore del Quartetto e che è riconosciuto dall’ADSI come Dimora Storica: non un semplice museo, ma una casa tuttora abitata dalle sorelle Danielli, che hanno adibito un salotto a foyer e il salone adiacente a squisito luogo di incontro con gli artisti, sorseggiando un aperitivo.
Il pubblico, sessanta persone, tante quante ne può contenere il salone, ha riservato lunghi e calorosi applausi agli artisti.
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