The Schoenberg-Puccini connection
New York: Pierrot lunaire e Arie da camera di Puccini
L’anniversario che unisce Arnold Schönberg (150 anni dalla nascita) e Giacomo Puccini (100 anni dalla morte) continua a favorire in questo 2024 programmi da concerto con dediche a confronto : riferiamo qui del programma nato dalla cooperazione fra la Casa Italiana Zerilli-Marimò e la Deutsches Haus nel campus di New York University nel Village, programma realizzato con un seminario alla presenza di eminenti musicologi (Harvey Sachs, Linda Fairtile, Michael Beckerman) seguito dall’esecuzione di una scelta di pagine vocali da camera del compositore lucchese e del Pierrot lunaire di Schönberg.
Sono anniversari, oltretutto, non solo paralleli, ma intrecciati, dato che nel suo ultimo anno di vita Puccini ebbe modo di incontrare Schönberg, la sera del 1° aprile a Palazzo Pitti, quando il Pierrot lunaire, dopo il debutto a Padova, approdò a Firenze. L’opera di fondamentale importanza per il modernismo nel teatro musicale veniva proposta per la prima volta nel nostro paese, insieme ad alcune opere di Alfredo Casella che fu di questo evento l’anima promotrice. Fra il pubblico però anche uno spettatore di eccezione: Giacomo Puccini era venuto ad assistere all’esecuzione diretta dall’autore stesso, e aveva la partitura con sé (così riferisce Schönberg in una lettera).
Il concerto all’auditorium di Casa Italiana Zerilli-Marimò vedeva come protagonista la soprano Ariadne Greif e l’ensemble diretto da Eduardo Leandro. Si iniziava con le tre arie pucciniane, Sole e amore, Terra e mare e Avanti, Urania!; scritte intorno alla fine del secolo, sono brani interessanti soprattutto se cerchiamo di cogliere, in essi, germi e assonanze con le pagine più note delle opere; ad esempio in Sole e amore, la deliziosa anticipazione del duetto Mimì-Rodolfo “Addio dolce svegliare alla mattina” nel terzo quadro di Bohème. Nella dedica del brano a Paolo Tosti, il cui stile appare in controluce, Puccini annotava: "al mio carissimo F. P. Tosti, questo germe primo di Bohème”. In queste arie pucciniane la soprano Ariadne Greif mostrava un temperamento teatrale che metteva in luce il lato più “verista” della scrittura, ma avremmo forse preferito assaporarne una liricità più riflessa e delicata.
D’altro canto, questo stesso energico temperamento nel Pierrot calzava e aderiva perfettamente alla visionarietà utopica ed espressionista dell’immaginazione schönberghiana. Il Pierrot lunaire è un’opera di capitale importanza per il teatro del novecento, traducendo musicalmente gli ideali dell’arte figurativa espressionista. Con le 21 poesie suddivise in 3 parti del poeta simbolista Albert Giraud adattate in tedesco da Otto Eric Hartleben, Schönberg tenta, riuscendovi, di fondare un nuovo modo di vocalizzare il testo, non più solo cantato, ma parlato e recitato, e fondendo il parlato e il recitato in modi emotivamente sintonici al dettato poetico. Il successo dell’idea sta in una scrittura musicalmente sorvegliata e dotta, che trova la libertà di seguire le grottesche allucinazioni del protagonista, esaltandole anzi, dando loro una luce più intensa, interiore.
Ariadne Greif l’abbiamo ascoltata a pieno agio in questo repertorio, Pierrot che canta alla luna e si angoscia, tormentato dandy che torna a casa sull' «antico profumo dei tempi delle fiabe» (“O alter Duft aus Märchenzeit”). Uno Sprechgesang che trasmetteva con energia e pregnanza l’emotività onirica di questo capolavoro. L’ensemble diretto con mano leggera ma raffinata, in pieno controllo, da Eduardo Leandro era composto da eccellenti musicisti fra cui spiccava la sensibile pianista Riko Higuma, ma tutti vanno menzionati: Ginevra Petrucci, Kai Hirayama, Doori Na, Clare Monfredo. L’auditorium non aveva un posto libero, atmosfera di cordiale successo
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