Anversa, un’altra storia per Butterfly
Interessante la direzione musicale di Daniela Candillari
Per celebrare Puccini l’Opera Ballet fiamminga ha scelto di aprire la nuova stagione 24/25 con una nuova produzione di Madama Butterfly, basata su un’idea già andata in scena a Strasburgo nel 2021 per l’Opera national du Rhin. Il progetto è del regista argentino Mariano Pensotti che dirige il suo primo titolo di repertorio ed ha immaginato di raccontare insieme alla tragica vicenda di Cio-Cio-San una storia parallela, quella della giovane regista Maiko Nakamura, anche lei giapponese, anche lei che vuole diventare altro, non americana ma vivere in Francia, tranne poi tornare sui suoi passi e finire pure suicida, ma non per amore.
Nell’altra storia, l’allestimento da parte di Maiko di una ennesima Madama Butterfly diventa l’occasione per riflettere sulla sua vita, su quello che desiderava in altre culture, sull’inevitabile trasformazione avvenuta che non le consente di tornare indietro, oltretutto il vecchio mondo non esiste più.
Un’idea interessante, con il proposito di avvicinarsi di più al sentire e alle riflessioni d’oggi sulla costruzione della propria identità ed il colonialismo culturale, un tentativo di attualizzare l’opera che però viene sviluppata con testi proiettati in scena troppo lunghi, tanto che non si arriva a leggerli tutti e che ne appesantisco molto la fruizione. Ed è un peccato, anche perché la direzione musicale affidata al maestro Daniela Candillari, cresciuta tra la Serbia e la Slovenia e che ha perfezionato la sua preparazione tra Vienna e gli USA, è pure molto interessante, moderna, ricorda certe direzioni di Bernstein, ma i testi lunghi cozzano con lo scorrere fluido e scattante delle note.
Ed interessanti anche le scene ed i costumi, belli, soprattutto le prime, firmati da Mariana Tirantte che è collaboratrice abituale del regista: c’è solo l’esterno di una casa con belle mattonelle smaltate riflettenti, poi nel secondo tempo resta solo il profilo della casetta e l’interno è abitato dalla natura che cambia con il passare delle stagioni, nell’atto finale la sagoma è sottosopra e incombe tutta nera su Butterfly. Pensotti e la Tirantte hanno voluto depurare il lavoro di Puccini da tutti i riferimenti stereotipati al vecchio Giappone, non ci sono ombrellini o fiorellini, ma per tutti abiti di design geometrico contemporaneo e anche gli oggetti sono squadrati, il colore nero e bianco predominano.
I video proiettati mostrano il Giappone d’oggi, i moderni trasporti pubblici, le onnipresenti mascherine. Se non ci sono riferimenti visivi, però il vecchio mondo è nella storia raccontata, nelle parole dei protagonisti, pure nel modo di essere, schivo e con gli occhi bassi, di Butterfly, e si avverte una contraddizione, un intento non pienamente riuscito con la nuova drammaturgia.
Il cast è di buone voci: molto curata l’interpretazione del soprano irlandese Celine Byrne, le darà il cambio l'albanese-belga Ana Naqe; Pinkerton è il tenore rumeno Ovidiu Purcel, bravo ma penalizzato dal timbro non felice, si alternerà con il polacco Łukasz Załęski; il mezzosoprano belga Lotte Verstaen è una Suzuki dalla voce scura; il baritono italo-tedesco Vincenzo Neri è un elegante Sharpless; il bravo basso georgiano Nika Guliashvili lo zio bonzo. Ottima prestazione del coro diretto da Jef Smits, delicatissimo e preciso il “a bocca chiusa”.
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