Se Bellini incontra Shakespeare
Liegi: I Capuleti e i Montecchi diretti da Benini
Nei Capuleti e Montecchi voci tutte belle, e pazienza quindi se dalla regia di Allex Aguilera e dalla direzione del maestro Maurizio Benini ci si aspettava di più. Bravissima innanzitutto il soprano Rosa Feola nella parte di Giulietta, timbro morbido, dolce, tecnica sicura, appassionata e dilaniata tra l’amore e i suoi doveri filiali, convince dalla sua bella romanza iniziale “Oh quante volte, oh quante” e sino al tragico finale, perfettamente nel personaggio e nell’incarnare la languida linea melodica belliniana con pianissimo e legati di grande qualità. Altrettanto brava il mezzo Raffaella Lupinacci, al debutto come Romeo, che qui tira fuori il lato maschile già evidente, in altri ruoli, nella sua forte personalità, la voce si è evoluta, un po’ più brunita pur mantenendo i suoi acuti taglienti, regalando un secondo tempo, in particolare, di grandissima intensità e profondità interpretativa. E’ stato significativo e davvero un bel gesto che le due artiste siano uscite insieme a ricevere gli applausi, I Capuleti ed i Montecchi funzionando bene solo s’è c’è una coppia come questa ad interpretarli, altrimenti si rischia un po’ di noia, la maestria di Bellini essendo qui ancora in fase di sbocciare appieno. Lodi anche iper Maxim Mironov nella parte di Tebaldo, il promesso sposo non ricambiato, da tecnica e dizione italiana perfetta e, anche se è vero che sembra un po’ freddo, come qualcuno ha fatto notare, questo suo leggero distacco crea un’utile differenza con la passionalità fusionale che dimostrano invece i due innamorati. Una bella sorpresa poi il basso Roberto Lorenzi, dalla bella voce sonora che riempie il teatro, peccato solo che è ancora troppo giovane per interpretare in modo verosimile Capellio, ma il timbro è magnifico. Adeguato anche visivamente alla parte invece l’altro basso, Adolfo Corrado, nei panni del medico Lorenzo che cerca di aiutare Giulietta a vivere il suo sogno d’amore, solo, volutamente, non troppo caratterizzato dal costume che è quello di tutti i Capuleti.
Costumi che sono un altro fattore di successo dello spettacolo, di fattura bella, firmati Françoise Raybaud che parte dall’idea di ispirarsi all’epoca di scrittura dell’opera, quindi inizio Ottocento, solo che le vesti non si combinano bene con le scene d’ispirazione medievale firmate dallo stesso regista ed è discutibile la scelta di presentare Romeo, invece che con l’aspetto di un giovanissimo soldato, come un damerino dalla veste rossa riccamente ricamata, splendida senza dubbio ma qui un po’ fuori luogo. La scena è caratterizzata nel primo atto da una specie di scatola di muro che girandosi delimita la stanza di Giulietta e poi anche la sala di un accenno di ballo, nonché la base su cui proiettare i video di Arnaud Pottier, molti belli quelli del funerale, c’è anche una ringhiera che fa venire alla mente il famoso balcone della protagonista che c’è in Shakespeare ma non nel libretto di Felice Romani, c’è il fiume Adige ma sembra più un lago dove Giulietta infine viene fatta bagnare con il solo risultato, zuppa, di renderle difficile i successivi movimenti. Senza dubbio c’è grande cura dell’estetica, buone anche le luci di Luis Perdiguero, ma gli artisti sono pure troppo spesso piazzati in direzione del pubblico in contrasto con quello che stanno dicendo e facendo. E il coro purtroppo, sin dal suo importante ingresso all’inizio dell’opera, è confuso, sfocato, con un italiano spesso poco comprensibile. Mancanza di armonia complessiva nei tempi dell’esecuzione e impressione di non buona intesa tra protagonisti e maestro caratterizza, infine, la direzione di Maurizio Benini, considerato un grande specialista di Bellini, che guida con controllo fin troppo minuzioso, un po’ soffocante i cantanti, regalando comunque una godibilissima esecuzione delle pagine più romantiche e ben mettendo in evidenza gli assoli degli strumenti.
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