Mozart e Šostakovič per Gatti a Torino
Due sinfonie con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Daniele Gatti è tornato a dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai all’Auditorium “Arturo Toscanini” di Torino, dove l’ultima sua apparizione risale all’anno scorso con il ciclo completo delle sinfonie di Mendelssohn. Stavolta il programma comprendeva la sinfonia K. 338 di Mozart, scritta nel 1781, e la sinfonia n. 10 di Šostakovič, scritta nel 1953, anno della morte di Stalin.
Sembra che Šostakovič sia stato spinto proprio dalla morte del dittatore a scrivere questa sinfonia, nel cui secondo tempo (Allegro) avrebbe dipinto «il ritratto del volto spaventevole di Stalin», secondo quanto dichiarò suo figlio Maksim. Šostakovič però non si è fermato alla contemplazione retrospettiva dei disastri compiuti dal morto, ma ha gettato lungo gli innumerevoli episodi della Sinfonia uno sguardo sulla Russia quale paese eternamente pencolante tra la desolazione delle sconfinate pianure, la ferocia della propria disperazione e il grottesco come categoria interpretativa del reale (quell’Allegro è più del «ritratto del volto di Stalin», è il Ritratto del racconto di Gogol’). Gatti ha fatto sì che l’Orchestra raccontasse tutto ciò con un fuoco tale da dare il senso della deflagrazione, del rimbombo, delle macerie crollanti della musica.
Prima, però, c’è stato Mozart. Gatti ha dato all’ultima sua sinfonia ‘giovanile’ il segno classico della maturità, con una compiutezza nel senso della forma, certe premonizioni della musica dell’avvenire, e la voluttà dei pianissimi, che come li fa Gatti non li fa nessuno. E infatti l’immagine più memorabile di questo concerto, per il privilegiato che vi ha assistito dalla prima fila, riguarda l’accordo finale dell’Andante, lungamente tenuto per far sì che il suono potesse rimpicciolirsi fino a svanire nel silenzio quando Gatti ha mosso impercettibilmente le dita.
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