Scala: Gatti torna a Mahler
Un'interessantissima lettura della Nona
La prima volta che Daniele Gatti ha diretto la Filarmonica della Scala è stato nel 2006 per la Nona di Mahler. Ed è con la stessa sinfonia che ora sale per tre sere sullo stesso podio, nel corso della stagione sinfonica del teatro. Dopo aver costruito passo a passo un solido legame con l'organico e, anche se informalmente, essere stato designato quale futuro direttore musicale del Piermarini a partire dal 2026. Esattamente vent'anni dopo la sua prima Nona mahleriana.
Quella di ieri è stata quindi una serata di benvenuto, ma anche di consacrazione preventiva, che si è conclusa con lunghissimi applausi. Tanto che al termine gli orchestrali si sono rifiutati di alzarsi per lasciare tutto il merito al direttore. L'esecuzione, come prevedibile, è risultata di prima grandezza con un controllo assoluto dei particolari, quasi che il direttore disponesse di una bacchetta lunga capace di guidare ogni singolo strumentista. Come spesso succede con lui, si ha poi l'impressione che la sua lettura non sia mai definitiva. Per esempio alcune infinitesime sospensioni nelle fasi iniziali dell'Andante Comodo prima dell'articolarsi dell'ampia melodia o il Ländler del secondo movimento che si è caricato di beffarda cattiveria. Molte le sorprese che Gatti ha disseminato nell'esecuzione, segno di un continuo ripensamento. Il suo è un impegno che ha il vantaggio di tenere l'orchestra sempre all'erta, allontanando qualsiasi pericolo di dorata routine. L'Adagio finale ha confermato quale partecipazione emotiva riesca a ottenere dagli strumentisti, fino alle ultime estenuanti ed evanescenti battute. Con tuttavia un unico neo: l'aria condizionata della sala che ne ha in parte coperto l'effetto struggente.
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