L’inno alla fratellanza della Toscanini
A Parma applausi per il concerto di Capodanno della Filarmonica Toscanini guidata da Onofri nella “Nona” di Beethoven
Proporre la Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven in occasione del tradizionale appuntamento concertistico di Capodanno appare una scelta dalla significativa valenza simbolica, come ha illustrato Enrico Onofri alla fine del concerto tenuto a Parma in un Auditorium Paganini abitato da un pubblico nutrito e festante.
«Ci sono tre concetti racchiusi nel testo di Friedrich Schiller – ha evidenziato Onofri, direttore principale della filarmonica – a mio parere caratterizzanti questa pagina e ai quali la musica di Beethoven regala una forza illuminate: la fratellanza (“Brüder”), la magia (“Zauber”) e l’essere ardentemente ebbri (“Feuertrunken”, letteralmente “ubriachi di fuoco”)». Tre elementi che, se vogliamo, nutrono e ravvivano il messaggio di “gioia” universale (ovvero felicità, contentezza, serenità condivisa…) racchiuso nell’imponente partitura beethoveniana che in questo 2024 celebra i duecento anni dalla sua prima esecuzione (avvenuta a Vienna il 7 Maggio 1824) e che hanno segnato anche la lettura proposta dallo stesso Onofri, il quale ha guidato una reattiva Filarmonica Toscanini e un altrettanto compatto Coro del Teatro Regio di Parma – preparato da Martino Faggiani – attraverso un tracciato interpretativo decisamente personale.
Il passo al tempo stesso deciso e controllato che ha avviato l’“Allegro ma non troppo” iniziale, la cui equilibrata cifra timbrica ha offerto il risultato di quello che è parso un lavoro di cesello specificamente dedicato a un dialogo asciutto e incisivo tra le diverse classi strumentali, è stato mantenuto anche nel carattere più perentorio del successivo “Molto vivace”. In particolare, in questo “Scherzo” è emerso in maniera significativa il cambio di passo che ha segnato l’evento centrale, il cui clima più lirico è stato amplificato da una scelta di tempo alquanto dilatata la quale, a fronte di una cantabilità caratterizzata dall’ampio respiro, ha offerto un distacco espressivo dal resto del movimento sicuramente interessante. Un approccio che si è riverberato anche nel seguente “Adagio molto e cantabile”, la cui complessa connotazione dialogico-strumentale però rimandava forse in maniera meno convincente la scelta di un andamento così disteso e dilatato.
Virando poi verso l’articolata sezione conclusiva – che dal “Presto. Allegro assai” passa al recitativo per baritono “O Freunde, nicht diese Töne” che prelude al coro “Freude, schöner Götterfunken” il quale a sua volta conduce all’apoteosi finale della sinfonia – Onofri ha avuto il merito di mantenere in funzionale equilibrio da un lato gli interventi dei solisti Sarah Gilford (soprano), Valentina Stadler (contralto) Mark Milhofer (tenore, in sostituzione del previsto Julian Hubbard) e Ugo Guagliardo (basso), e dall’altro una massa strumentale e corale la cui cifra timbrico-sonora faceva i conti con la connotazione acustica diciamo così “originale” di questo auditorium, i cui limiti – a ormai più di vent’anni dalla sua realizzazione – non ci stancheremo mai di annotare, auspicando con inesausto ottimismo (in fondo, siamo all’inizio di un nuovo anno…) possibili interventi correttivi.
Alla fine lunghi, calorosi e convinti applausi da parte del folto pubblico presente per tutti gli artisti impegnati in questo appuntamento concertistico di inizio anno che ha segnato inoltre il passaggio del testimone nel ruolo di sovrintendente della Fondazione Toscanini tra Alberto Triola – giunto il 31 dicembre scorso alla fine del suo mandato avviato nel 2018 – e Ruben Jais, il cui insediamento è previsto proprio in questi primi giorni di gennaio 2024.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Saltata la prima per tensioni sindacali, il Teatro La Fenice inaugura la stagione con un grande Myung-Whun Chung sul podio per l’opera verdiana