Una riuscita Périchole al Théâtre des Champs-Elysées
Nuovo allestimento firmato Laurent Pelly, ottima direzione di Marc Minkowski
Già alla première gli applausi finali non riuscivano a fermarsi, la nuova Périchole al Théâtre des Champs-Elysées sembra quindi proprio avviarsi ad essere un nuovo grande successo di pubblico com’è stato per La Vie Parisienne, l’opera di Offenbach messa in scena l’anno scorso al TCE. In questo caso il nuovo allestimento è firmato da Laurent Pelly con il maestro Marc Minkowski a dirigere i suoi Musiciens du Louvre. Ed è proprio la direzione di Minkowski la prima a farsi notare, con il suo attacco impetuoso e travolgente, che lascia poi bene il passo alla languidezza dell’amore. L’amore, in questo caso, come si sa, tra due cantanti di strada in Perù, la bella Périchole e il suo amato Piquillo, talmente poveri da non potersi sposare come vorrebbero. La parte visuale inizialmente non convince perché ha il sapore del già visto (ricorda molto le scene e i costumi del Barbiere di Siviglia firmato Michieletto), ma gli atti successivi sono più originali: la scenografa Chantal Thomas, infatti, se nel primo atto ha proposto un quartiere popolare latino, con panni stesi ai balconi e chiassosa tavolata di vicini; nel secondo atto immagina invece per il palazzo governativo divani in movimento, con enormi specchi come schienali; e poi, nel terzo atto, una smisurata cella di prigione, per chiudere, nel quadro finale, con il grande manifesto del viceré in rovina vandalizzato da graffiti che sovrasta la città con le sue affascinanti luci notturne. La storia è attualizzata all’oggi con i due poveri cantanti innamorati in versione rock, riuscitissimi cosi come il viceré Don Andrès in incognito in impermeabile beige ed occhiali neri che approfitta della fame della Périchole per portasela a Palazzo. La parte della cantante è affidata al mezzosoprano Antoinette Dennefeld in alternanza con la svizzera Marina Viotti. Se quest’ultima rock lo è stata anche veramente agli inizi della sua carriera, e quindi ci si aspetta che interpreti il ruolo con grande naturalezza, anche la Dennefeld alla première ha mostrato di padroneggiare atteggiamenti e posture rock mescolandoli con la sua bella voce, in modo assai riuscito, alle arie melodiose e divertenti scritte da Offenbach. Piquillo è invece in tutte le recite il tenore francese Stanislas de Barbeyrac, prestante e bravissimo ad interpretare il personaggio nelle sue varie sfaccettature, da innamorato ad ubriaco. Per la parte di don Andrès de Ribéira si alternano pure due baritoni, Laurent Naouri e Alexandre Duhamel. Il primo, più un baritono-basso, alla premiére è stato godibilissimo per il suo bel timbro e assai convincente nel ruolo. Tutto il cast meriterebbe una menzione, dai due gentiluomini Don Miguel e Don Pedro (Rodolphe Briand e Lionel Lhote) alle esilaranti tre cugine Guadalena, Berginella e Mastrilla (Chloé Briot, Alix Le Saux e Eléonore Pancrazi) che gestiscono il baretto mobile e che si ripresentano nel secondo atto come dame di corte insieme a Frasquinella (Natalie Pérez), dame esagerate, tutte bionde e vestite di colori argentati con enormi gonne a pallone e a sirena, anche loro comicissime. I bei costumi sono dello stesso regista, in collaborazione con Jean-Jacques Delmotte, e alla buona riuscita dello spettacolo ha contribuito anche l’attualizzazione dei dialoghi parlati da parte di Agathe Mélinand. E, a questo proposito, non si può non citare il ruolo solo parlato del vecchio prigioniero interpretato in modo davvero simpatico da Eddy Letexier. Tante le trovate divertenti, le battute ironiche, impossibile non ritrovarsi a fine spettacolo con il cuore più leggero, con il maestro Minkowski che fa risplendere la musica di Offenbach per tutta la serata, in particolare meravigliose, vivide e lievi le sue introduzioni agli atti. Una menzione speciale, infine, anche per il bravo Chœur de l’Opéra National de Bordeaux diretto da Salvatore Caputo.
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