Un Puccini prima di inaugurare (con Puccini)
Sul palcoscenico del Massimo Bellini, una Tosca molto seguita dal pubblico
L’ultimo titolo della lunga stagione dei ‘recuperi’ del Teatro Massimo, Tosca, è accomunato attraverso l’autore a quello dell’imminente inaugurazione della nuova stagione (con Bohème), ma mancava dal palcoscenico catanese da più tempo; nondimeno, nello spirito di rigoroso ‘teatro di tradizione’ affiorante dalla programmazione, l’Ente etneo l’ha realizzato in un allestimento di Renzo Giacchieri, che ha impiegato le scenografie tradizionali di proprietà del teatro: nulla di particolarmente nuovo, dunque, se non l’immancabile e stupefacente maestria di Puccini (& co.) quale uomo di teatro musicale, capace di costruire contrasti verticali e orizzontali con situazioni drammatiche sempre efficacissime, su tutti i piani del discorso musicale e delle sue attinenze drammaturgiche. Giacchieri ha avuto il merito di non calcare quasi mai tali situazioni, e di lasciarle emergere, ad esempio non lasciando scivolare l’azione di Tosca a fine secondo atto verso una ritualità affettata, ma declinandola per accenni alla bivalenza tragica del personaggio (sinceramente credente, costretta a misurarsi suo malgrado con le brutture della vita).
Nella rotazione dei ben tre cast impegnati, ci è capitato di ascoltare la Floria Tosca di France Dariz, assai solida soprattutto nel registro medio-grave, perciò plastica e coinvolgente in tutte le fasi più concitate e dialogate, meno accattivante forse proprio negli ariosi, lo Scarpia di Leo An, particolarmente convincente nel secondo atto quale motore di tutta l’azione, il Cavaradossi di Zi-Zhao Guo, ottima proiezione di voce, ancora un poco da sgrossare in alcuni punti in cui sembra spingere oltre misura. Di grande efficacia e dentro la parte lo Spoletta di Riccardo Palazzo, ormai una sicurezza anche sul piano squisitamente vocale; bene gli altri interpreti (Angelo Nardinocchi, Alin Anca Doru, Dario Giorgelè), e complessivamente bene i Cori in tutti gli interventi. Luigi Piovano ha ottenuto dall’Orchestra un’encomiabile generosità di chiaroscuri, che ha certo valorizzato le virtù di strumentazione della partitura: una prova che suggerisce prospettive molto interessanti per un musicista di grande esperienza sinfonica, destinato di sicuro ad affinare ulteriormente la conduzione del fraseggio lirico-drammatico.
Recita partecipata – come le altre, ci dicono – ed applaudita.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln
Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá per un programma molto ben disegnato, fra Sturm und Drang, galanterie e delizie canore, con Mozart, da giovanissimo a autore maturo, come filo conduttore