Gli haiku di Fedele in prima assoluta

Per l'Accademia Filarmonica Romana con l' Accroche Note

Accroche Note
Accroche Note
Recensione
classica
Roma, Sala Casella
Accroche Note
21 Giugno 2021

La programmazione estiva dell’Accademia Filarmonica Romana,  ai Giardini della Sala Casella, ha avuto nel concerto dell’ensemble Accroche Note uno dei momenti di spicco, anche grazie alla prima assoluta di un articolato brano cameristico-vocale di Ivan Fedele. Il gruppo strasburghese si è presentato in una formazione di tre strumentisti e voce femminile, adatto a mettere in luce le qualità solistiche dei componenti, la sua natura ‘a geometria variabile’, e la capacità di scavo dei lavori perlopiù dallo stesso gruppo commissionati: ottima riuscita ha avuto perciò l’esecuzione del Solo de Vibraphone di Philippe Manoury, brano che indaga con intelligenza e suadenza le proiezioni armoniche di accordi e figure, e – soprattutto – le sfumature indotte dalla risonanza selettiva di singoli suoni entro l’accordo-figura; meno fascinosa l’esecuzione di Ohé di Pascal Duspain, ma l’acustica secca della Sala Casella può aver sottratto quel po’ di avvolgimento fonico indispensabile a legare le cangianti relazioni di analogia, rifrazione contrappuntistica o alterità multiplanare che i due strumenti (clarinetto e violoncello intessono attraverso un materiale sonoro unitario (peraltro, un’ottima interpretazione degli stessi musicisti, con un’opportuna ambienza del suono registrato, è disponibile sul web).

Le due proposte vocali del concerto sembravano orbitare, in modo assai diverso, attorno a un simile tema estetco-compositivo: la dialettica tra uno e molteplice. Il medesimo titolo scelto da Dai Fujikura, Being as one, allude – attraverso il testo intonato, di Harry Ross, preceduto da una citazione ‘chiave’ da Mandel’stam) – al riconfigurarsi incessante della materia in rinnovate forme, in una sorta di danza cosmica in cui nulla si distrugge, ma sempre nuove tracce vengono disegnate dagli elementi nell’unità del mondo; il compositore giapponese privilegia qui le modalità di assorta osservazione sonora, immergendo la voce nella tessitura degli altri due strumenti, ma introduce anche pannelli allusivi a una danza degli atomi, lasciando le due modalità convergere nella coda dissolutiva. La novità di Fedele, Fuyu Haiku, è una collana di 13 haiku, i cui testi sono abilmente allineati in modo da far tornare immagini poetiche – panico-naturali, sensitive, emotive – in isotopi sottilmente varianti; la cifra dominante è quella degli elementi invernali, da cui sospensione, mistero, perfino angoscia, in un gioco tra apparizione e smaterializzazione. La figuralità della composizione asseconda tale gioco, dando all’ascoltatore la possibilità di crearsi percorsi ricettivi su diversi piani, nient’affatto escludentisi l’un l’altro: la profilazione ‘assoluta’ delle figure, la subitanea epifania emotiva, la tenue ma elegante colorazione referenziale; ne deriva una fertile e prensile tensione dell’ascolto, arricchita dalla dialettica tra ripresentazioni circolari e strappi generati dai frammenti.

Molti applausi per Fedele e per gli esecutori (Françoise Kubler, Armand Angster, Christophe Beau, Ennamuel Séjourné) da parte dell’attentissimo e regolarmente distanziato pubblico.

 

 

 

 

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