“Tempo ritrovato” o della nuova creatività  oltre lo streaming

La Fondazione Rete Lirica delle Marche: un cortometraggio per superare la chiusura dei teatri

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Making Off di Tempo Ritrovato (Foto di Margherita Simionati)
Making Off di Tempo Ritrovato (Foto di Margherita Simionati)

Quando si dice “fare di necessità virtù”. La Fondazione Rete Lirica delle Marche, organismo che dal 2018 mette in sinergia tre teatri di lirica ordinaria della regione (Fano, Fermo e Ascoli Piceno) coadiuvati da altre realtà teatrali e complessi artistici attivi nel territorio, come l’Associazione Arena Sferisterio e il Rossini Opera Festival, ha saputo cogliere un’opportunità dalla crisi che ha investito e travolto il settore dello spettacolo dal vivo.

Da un’idea di Luciano Messi, direttore della Fondazione, e di Cecilia Ligorio,  è nato un nuovo modo di fare spettacolo: non una semplice ripresa in streaming,  testimonianza un po’ grigia dell’ evento  dal vivo, ma un prodotto artistico autonomo che parla un linguaggio nuovo, un “video-poema musicale” fondato sul binomio artistico immagine/musica.

Tempo ritrovato è un cortometraggio di musica, parola e canto di trenta minuti, pensato appositamente  per il video,  intessuto di simbologie sia nel contenuto che nella ideazione. La regista è infatti quella Cecilia Ligorio la cui Italiana in Algeri, lo scorso marzo, fu fermata nel pieno delle prove. Messi ha chiamato proprio lei, per creare un filo tra la produzione interrotta e quella, nuova, di oggi. E la data scelta per la prima di Tempo ritrovato è stata il 23 gennaio, anniversario della costituzione della Rete lirica. Il cortometraggio è disponibile anche con i sottotitoli in italiano e inglese e con l’audio descrizione, mantenendo così attivo il percorso di accessibilità agli spettacoli per non udenti e non vedenti che la Rete Lirica delle Marche segue sin dall’inizio in collaborazione con lo staff di InclusivOpera del Macerata Opera Festival.

 Il protagonista è  un giovane che in solitudine, nella propria casa, durante il lockdown, sta guardando C’era una volta in America. Il tema musicale più famoso e malinconico del film lo porta in uno stato onirico in cui compare la donna amata, seduttrice, consolatrice, presente ma anche lontana…..attraverso la poesia e la musica il giovane riesce ad affrontare l’isolamento e a trasformare il silenzio,  l’assenza, il senso di perdita e di mancanza  in una esperienza catartica, a ritrovare una dimensione del tempo che  aveva perduto e che non coincideva più con quello interiore ed esteriore  (ecco il riferimento   proustiano del titolo). L’arte quindi come cura di sé e dell’altro, come strumento per sedare il dolore e dare senso al tempo. Le musiche di  Morricone, Rossini, Händel, Bizet,  Mozart e Leonard Cohen, colonna sonora del video, ricostruiscono un teatro immaginario che è anche un collage del recente passato della Rete Lirica delle Marche; i costumi e le scene dell’Italiana in Algeri che compaiono sono quelli della produzione delle Rete interrotta dal primo lockdown, in un gioco di reminescenze dove ancora una volta è il tempo ad essere il protagonista.

Tempo ritrovato è stato girato a dicembre al Teatro della Fortuna di Fano e poi nelle città di Ascoli Piceno e Fermo, nel pieno rispetto delle regole anti-Covid, con la regia di Cecilia Ligorio e Benedetto Sicca  e con Giovanni Culmone (video designer), Renato Grieco (sound designer), Ludovico Gobbi (light designer); la drammaturgia musicale è di Chiara Mallozzi, interpreti il mezzosoprano Francesca Di Sauro e l’attore Simone Tangolo. Le parti strumentali sono affidate a Claudia Foresi e Cesarina Compagnoni al pianoforte insieme agli ensembles cameristici della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana e dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini.

Il cortometraggio, visibile nel sito e nel canale YouTube della Fondazione, è seguito da un dibattito condotto da Angelo Foletto – presidente dell’Associazione nazionale critici musicali – al quale hanno partecipato gli autori del video poema insieme a Igor Giostra (presidente della Rete Lirica delle Marche), Carlo Fontana (presidente dell’AGIS) e Fabio Vittorini (docente di musica e immagine dell’Università IULM Milano).

Temi della discussione, oltre naturalmente a quello dell’urgenza della riapertura dei luoghi dello spettacolo, sicuri al pari delle scuole, delle università e dei musei e di fondamentale rilevanza per la formazione culturale, sono stati quello delle nuove opportunità che l’attuale stato di crisi può far intravedere e dei nuovi linguaggi e forme di comunicazione che ne possono scaturire. Pur sottolineando la non sostituibilità dello spettacolo dal vivo, la discussione ha evidenziato come Tempo ritrovatocostituisca un primo esempio di prodotto artistico che utilizzi un nuovo linguaggio, una inedita forma di comunicazione: una sorta di sfida linguistica legata alle nuove tecnologie per un genere, quello dello spettacolo, che fin dalle origini ha fatto uso di “macchine” teatrali e che oggi vede una accelerazione nelle dotazioni tecnologiche.

Fontana ha poi fatto delle previsioni, richiamando al realismo: quando i teatri riapriranno -perché sì, accadrà- è probabile che il pubblico non accorrerà, perché il cambiamento nello stile di vita delle persone è stato, ed è, di tipo strutturale, (e il problema del rinnovamento del pubblico non esiste da ora); occorrerà quindi produrre spettacoli “double face”, dal vivo ed in streaming. Questo cambiamento può portare come effetto positivo una nuova attenzione da parte dei teatri  verso il “prodotto” artistico, anziché verso il marketing o il bilancio, come è accaduto finora; pur non sostituendo lo  spettacolo dal vivo, lo streaming, oltre a raggiungere un pubblico vastissimo teoricamente diffuso in tutto il globo e ad agganciare maggiormente quello giovanile, introduce a nuove forme artistiche – si pensi ai nuovi tipi di “allestimento” che può veicolare, ai nuovi contenuti, all’attenzione inedita sui particolari-

Significativo che l’apertura verso un tale cambiamento, che vede spunti di nuova creatività anche   in altre realtà italiane (come all’Opera di Roma con il Barbiere di  Martone o più recentemente al Massimo di Palermo, con Il crepuscolo dei sogni) parta da una  realtà costituita da alleanze tra centri di produzione piccoli,come la Fondazione, il cui potenziale innovativo e l’eccellenza nella governance pubblica sono stati riconosciuti nel 2019 con il “Premio Cultura di Gestione”, conferito da FederCulture.

 Proprio le piccole realtà, più svincolate dalla tradizione e più abituate ad innovare per poter continuare  a produrre in condizioni non sempre favorevoli, risultano spesso quelle più agili e vincenti.

 

 

 

 

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